Sono psicologa e psicoterapeuta, laureata in Psicologia clinica, diplomata in Counseling ad orientamento gestaltico e specializzata in Psicoterapia psicoanalitica ad orientamento junghiano.
La formazione clinica e psicoanalitica risale ad anni non troppo lontani della mia vita. Sono nata a Bologna il 28 febbraio del 1959 e nel gennaio 2002 ho cominciato la mia analisi personale con la psicoanalista Simonetta Mazzoni, percorso determinante per approdare alla mia attuale professione, dopo anni in cui l'interesse e l'attività si sono svolti nel campo delle arti visive, sia come art director dello Studio Mascarella Arte Contemporanea (Centro Mascarella Arte Ricerca) di Bologna (1982-2003) [1][1.1], sia come docente di Teoria della Percezione e Psicologia della Forma nelle Accademie di Belle Arti di Macerata, Bologna, Frosinone e Sassari, in seguito ad una prima formazione universitaria in Disciplina delle Arti del Dams dell'Alma Mater bolognese, compiuta con una tesi in Psicologia delle Arti. Dopo il Baccalaureato in Psicologia dell'Educazione (2/12/2006) e la Laurea specialistica (28/02/2009) conseguiti presso il Campus dell'Istituto Salesiano di Venezia-Mestre (IUSVE) dell’Università Pontifica Salesiana di Roma, ho sostenuto l'esame di stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di psicologo nella prima sessione del 2009 all'Università degli Studi di Trieste, e dal 10 settembre dello stesso anno sono iscritta all'Albo dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna (n. 6145). Terminata la formazione triennale in Counseling ad orientamento gestaltico svolta al Centro Studi di Terapia della Gestalt di Milano, nella stessa città ho frequentato la Scuola di Specializzazione quadriennale in Psicoterapia Analitica Li.S.T.A., diplomandomi con una tesi discussa il 16/02/2015 dal titolo: “La costruzione del desiderio femminile. Psicologia femminile, arte e mito”. Un tema che riflette l'interesse nei confronti del linguaggio delle immagini e dell'aspetto archetipico della psicologia femminile, declinato attraverso i mitologemi che esprimono la condizione umana nelle relazioni affettive, familiari e sociali.
Svolgo il lavoro clinico e analitico prevalentemente con adulti e adolescenti presso il mio studio a Pieve di Cento (BO) e a Bologna.
Presente tra i soci fondatori dell’Associazione di promozione sociale Zolla, nata a Bologna nel 2020. https://zolla.eu/
Dall’a.a. 2021-2022 sono titolare del corso di “Teoria della percezione e psicologia della forma” presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino. https://www.accademiadiurbino.it
[1] Attività espositiva 1982/1993 – 1999/2003
1.
02.05.1982
"Quattro drinks da appendere", Franco Bovani, Giorgio Cattani, Maurizio Cosua, Max Kuatty; Lola Bonora (a cura di).
2.
14.10.1982
"La Nuova Ceramica. Impercettibili confini", Giampaolo Bertozzi, Monica Biserni, Antonella Cimatti, Stefano Dal Monte Casoni, Fulvio Fusella, Tomo Hirai, Nedo Merendi, Sonia Piccinini, Aldo Rontini; Marilena Pasquali (a cura di).
3.
06.11.1982
"Mutanze. Laboratorio aperto", Nicola Cursi, Enrico Lombardi, Andrea Lomaestro, Enrico Lomaestro, Rossella Piergallini, Claudio Pugliese, Annamaria Stanghellini, Sauro Serrangeli; Vittorio Mascalchi (a cura di).
4.
21.11.1982
"Tensioni, installazione n.1", Alcide Fontanesi, performance di Stefano Bicocchi (Vito); Alessandra Fontanesi (testo di).
5.
11.12.1982
"Mores", Lidiana Artoni, opere su carta.
6.
08.01.1983
"Dialogo di Scultura", Quinto Ghermandi, Luciano Giacintucci, Bruno Raspanti; Claudio Cerritelli (a cura di).
7.
05.02.1983
"Installazione modulare", Thomas Klintoe, opera site specific.
8.
19.02.1983
"Riflessioni, mutazioni possibili", Alfredo Malferrari, opere 1978-1980, Alfredo De Paz (testo di).
9.
05.03.1983
Floriano Ippoliti, dipinti e disegni, Giovanni Maria Farroni (testo di).
10.
18.03.1983
"La nuvola sensibile", Pietro Lenzini; Marilena Pasquali (a cura di).
11.
09.04.1983
"Pittura a Venezia", Maurizio Pellegrin, Marco Nereo Rotelli, Paolo Sandano, Agostino Perrini; Claudio Cerritelli (a cura di).
12.
30.04.1983
"In campo aperto", Paola Baroncini, Stefano Bonci, Alessandra Bonoli, Luigi Carboni, Angelo Celeste, Alessandro Gamba, Marco Gradi, Anna Maria Migliori, Gianni Pellegrini, Marco Pellizzola, Maria Grazia Rosin, Teresa Sorgente, Rita Zabini; Claudio Cerritelli (a cura di).
13.
21.05.1983
"Il margine sembiante", Giovanni Scardovi, sculture 1980-1983.
14.
03.06.1983
"Non è stato possibile raccogliere altro che resti", Maria Cristina Ercolani, Elisabetta Zanelli, opera site specific, Adriano Baccilieri (testo di).
15.
06.10.1983
"Fiction, oscillofonia 3/B", Vittorio Mascalchi, performance, Enrico Lomaestro (musiche di), Mixage, "Oscillofonia n.1", installazione video (Festival internazionale Sant’Arcangelo di Romagna).
16.
29.10.1983
“Da tempo non ci consideriamo più nel presente”, Sauro Serrangeli, carte e installazioni site specific.
17.
03.12.1983
Magdalo Mussio, opere su carta, "L’artificiale naturato, l’assenza d’immagine e sette chiose a «Il carteggio Aspern»", Giulio Angelucci (testo di).
18.
14.01.1984
Gian Battista Sperotto, acqueforti e disegni.
19.
02.02.1984
"PostMachina, copy art, fotografia, video, suono"; copy art: Marina Arlotta, Curt Asker, Anna Banana, Gianni Castagnoli, Buster Cleveland, Evergon, E.F. Higgins III, Pati Hill, Ginny Lloyd, Gabriella Moles, Bruno Munari, Albert Pepermans, Luca Pizzorno, Marguerite Seeberger, Pier Luigi Vannozzi, Yörg Weibeck; "Il linguaggio del linguaggio dell’immagine", Bruno D’Amore, "Nuove tecnologie e nuove analogie", Antonio Guzman, "Introduzione", Bruno Munari (testi di); fotografia: Ercole Fava, Marcello Lucadei, Pietro Privitera, Paolo Quartana, Massimo Serenari, Michele Sigurtà, Giovanni Tavano, Mauro Trebbi; "Fotografia: confini e trasgressioni", Roberta Valtorta (testo di); video: "Oltre la trans elettronica", Tommaso Trini (testo di);suono: "Satie dans le futur", Carlo Cialdo Capelli (installazione multipla computerizzata); suono-progetti: William Anastasi, Jacki Apple, David Berman & Paul DeMarinis, Steven Berkowitz, Joep Bertrams, Michael Brewster, Leif Brush, Carlo Capelli, Nicolas Collins, Cort Day, Max Eastley, Richard Felciano, Dieter Froese, John Furnival, Raymond Gervais, Jochen Gerz, Kay Hines, Martin Davorin Jagodic, Howard Jones, Herwin Kempinger, Gogo Khatibi, Ronald Kuivila, Alvin Lucier, Jan Murray, Terry Riley, Sarkis, Allan Scarrit, Jill Scott,Jacques Serrano, Akio Suzuki, Roberto Taroni, Yoshimasa Wada; "Musica/Ambiente:una cronologia", Franco Masotti (testo di); PostMachina group (a cura di).
20.
10.03.1984
Valentin Oman, opere su carta.
21.
31.03.1984
Presentazione della rivista "Stilo", Antonio Marchetti (a cura di).
22.
28.04.1984
"Due Edizioni d'Arte Grafica", Pier Achille Cuniberti, Gabriele Partisani, Rossella Piergallini, cartella di tre incisioni calcografiche. Magdalo Mussio, cartella di sei incisioni calcografiche, Centro Mascarella Arte Ricerca (edizioni a cura di).
23.
10.05.1984
"Scintille di Pittura", Adriana Azzolini, Stefano Cappelletti, Luigi Carboni, Daniele Degli Angeli, Patrizia Gelli, Pietro Lenzini, Giovanni Margotto, Fabrizio Passarella, Mirella Saluzzo; Marilena Pasquali (a cura di).
24.
10.11.1984
Magdalo Mussio, opere su carta e tavola.
25.
07.12.1984
Enrico Lombardi, dipinti su tela e disegni.
26.
12.01.1985
Marina Mentoni, opere su tavola.
27.
09.02.1985
Alcide Fontanesi, sculture e dipinti su lastre di acciaio.
28.
09.03.1985
"Lesioni Permanenti", Marco Bucchieri, Paolo Perrelli, Daniele Sasson, Daniele Strada, Mauro Trebbi, opere fotografiche, Claudio Marra (a cura di).
29.
19.04.1985
"Eclissi", Silvano D'Ambrosio, Angela Galeotti, Stefano Gattelli, Enrico Lombardi, Claudio Pugliese, Franco Stanghellini, Silvano Venturi; "Elogio dell’eclissi", Giorgio Celli, "Quattro punti per un’eclissi tra arte e critica", Claudio Cerritelli, "«Eclissi». L’unione di ciò che deve restare separato", Enrico Lombardi, "Cosmogonia per eclissi", Vittorio Mascalchi (testi di).
30.
26.10.1985
"Apparenze/Appearances", Elisabetta Zanelli, opere su tavola e mixed media, Ida Panicelli (a cura di).
31.
07.12.1985
Thomas Klintoe, installazione site specific.
32.
04.01.1986
"Apparenze/Appearances", Marco Bucchieri, Elisabetta Zanelli, Sauro Serrangeli, Ida Panicelli (a cura di), P.S.122 Gallery, New York.
33.
18.01.1986
"Apparenze/Appearances", Sauro Serrangeli, opere mixed media, Ida Panicelli (a cura di).
34.
22.02.1986
"Apparenze/Apperances", Marco Bucchieri, opere fotografiche, Ida Panicelli (a cura di).
35.
22.02.1986
"Bazar", Lorenzo Pezzatini, opere mixed media, Francesco Bartoli (testo di).
36.
05.04.1986
"Pietre che cantano", Magdalo Mussio, opere su carta e tavola, Claudia Ricci (testo di).
37.
05.04.1986
"Libera donazione di luoghi", Alcide Fontanesi, opere su tavola, Claudia Ricci (testo di).
38.
10.05.1986
"La banda dei dodici artisti di New York City in Italia", Sally Eckhoff, Karen Eubel, Andrew Glass, Dominick Guida, Cynthia Karasek, Dona McAdams, Robert McBride, Renato Miceli, Arthur Natale, Barbara Quinn, Betsy Rosenwald, Larry Silver; Carlo Mc Cormick (testo di).
39.
15.11.1986
Nicola Cucchiaro, sculture e disegni, Renato Barilli (testo di).
40.
17.01.1987
Rino Curti, sculture, Marilena Pasquali (testo di).
41.
07.03.1987
Donatella Landi, opere su tela, "La virtù della forma", Lorenzo Mango (testo di).
42.
09.05.1987
Marina Mentoni, opere su tela e tavola, "La pelle di Marina Mentoni", Dario Trento (testo di).
43.
31.10.1987
Vittorio Mascalchi, opere 1959-1961, Renato Barilli (testi di).
44.
12.12.1987
Carlo Cremaschi, opere su tavola, Walter Guadagnini (testo di).
45.
23.01.1988
Paolo Iacchetti, opere su tela, Walter Guadagnini (testo di).
46.
05.03.1988
Sauro Serrangeli, opere mixed media, "Elogio del disordine", Marilena Pasquali (testo di).
47.
16.04.1988
"La trave d'equilibrio", Maurizio Camerani, videosculture, Gilberto Pellizzola (testo di). (Realizzazione Centro Video Arte, Palazzo dei Diamanti, Ferrara).
48.
10.06.1988
Enzo Bersezio, Nicola Cucchiaro, Ferdi Giardini, Silvano Venturi, Maria Chiara Zarabini, "Il non-luogo della scultura", Gilberto Pellizzola (a cura di).
49.
22.10.1988
Evergon, opere fotografiche. (In collaborazione con il Centro di Cultura Ausoni, Roma).
50.
17.12.1988
Marco Pellizzola, opere su carta e tamburato, "Un sogno concreto. Note per Marco Pellizzola", Mario Bertoni, "Il colore della geometria", Cecilia Casorati (testi di).
51.
18.02.1989
"Anime ageometriche", Alcide Fontanesi, sculture e installazioni, Mario Bertoni, Gilberto, Pellizzola, Giuditta Villa (testi di).
52.
06.05.1989
Magdalo Mussio, opere su carta e tavola, "In forma di appunto", Mario Bertoni (testo di).
53.
05.10.1989
"Scintille di Soggettività", Renato Boi, Sergio Codazzi, Daniele Ferrari, Cristina Flitner, Karl Hartwig-Kaltner, Anna Lamberto, Daniela Mecchia, Mauro Mercandelli, Kazuhiko Momose, Aurora Navas Martin, Alberto Reggianini, Egle Reggio, Diego Ruggeri, Alessandra Sozzi, Riccardo Taiana, Yoko Taura; Maurizio Bottarelli, Dario Trento (a cura di). (In collaborazione con la Galleria Mazzocchi, Parma).
54.
11.10.1989
"Cactus Urbano", Gianni Guidi, installazione, Cristina Marabini (testo di).
55.
16.12.1989
"Siderale", Carlo Lorenzetti, sculture e opere su carta, Luciano Caramel (testo di).
56.
24.02.1990
Maurizio Bottarelli, opere 1964-1989, Fabrizio D'Amico (testo di). (In collaborazione con la Galleria d’Arte San Luca, Bologna).
57.
05.05.1990
Marina Mentoni, opere su tavola, Walter Guadagnini (testo di).
58.
13.10.1990
"Per una ripresa", Giuseppe Beretti, Aldo Ferrara, Filippo Marzico, Michelangelo Rossino; Mario Bertoni (a cura di).
59.
22.11.1990
Lorenzo Mangili, sculture, Enrico Crispolti (testo di).
60.
26.01.1991
Paolo Iacchetti, opere su tela, Flaminio Gualdoni (testo di).
61.
20.04.1991
"La scultura disegnata", Nicola Carrino, Pietro Consagra, Alcide Fontanesi, Carlo Lorenzetti, Teodosio Magnoni, Giuseppe Spagnulo, Mauro Staccioli, Andrea B. Del Guercio (a cura di).
62.
19.10.1991
"Lo spazio della scultura", Christian Cassar, Gabriele Giorgi, installazione e sculture, Andrea B. Del Guercio (a cura di).
63.
30.11.1991
"Pagine", Carlo Cremaschi, opere su carta e tela. Edizione, in 30 esemplari, di un’acquaforte dell'autore con un testo poetico di Marco Bucchieri. (Realizzazione Laboratorio d’Arte Grafica, Modena).
64.
25.01.1992
"Lavaggi su carta e pietra", Jörg Herold, installazione site specific e opere su carta, "Arte. Lavoro", Reinhard Sauer (a cura di). (In collaborazione con la galleria Eigen+Art, Lipsia).
65.
28.03.1992
Toni Romanelli, opere su tela e tavola, "Herlitz", Marco Bucchieri, "Ai bordi del giallo", Gian Ruggero Manzoni (poesie di).
Dal 1989 al 1993 la galleria partecipa ad Arte Fiera, Bologna e nel 1993 chiude la sede di via Mascarella 31. Nel 1999 l’Associazione aprirà in via Miramonte 22, modificando il nome Centro Mascarella Arte Ricerca in Studio Mascarella Arte Contemporanea, e nel 2002 partecipa nuovamente ad Arte Fiera. L’associazione lascerà la sede e l’attività espositiva nel 2003.
66. 11.12.1999 "Cartello '99",Vittoria Chierici, Fabio Polvani, Toni Romanelli, dipinti e stampe digitali su tela, "Cartello '99", Chierici V., Polvani F., Romanelli T. (testi di).
67. 12.02.2000 Maurizio Bottarelli, dipinti e disegni.
68. 25.03.2000 "Ride", Elisabetta Zanelli, stampe digitali su tela.
69. 06.05.2000 "Dual Band", Daniele Lelli, Pier Luigi Vannozzi, opere fotografiche in B/N e polaroid.
70. 20.05.2000 "A me stesso", Carlo Cremaschi, carte e opere su tela, "Per Carlo", Luigi Colli (poesia di), "À soi-méme", Silvia Evangelisti (testo di).
71. 07.10.2000 Marina Mentoni, opere su tavola. (In contemporanea, Palazzo dei Notai, Sala Grande, Agenzia Generale INA Assitalia, Bologna).
72. 11.11.2000 Francesco Bocchini, sculture e installazioni. (In contemporanea, Araldica, Design and Live Art, Bologna).
73. 16.12.2000 "Associer/ S’Associer. Arte & Pubblico", Marco Ara, Francesco Bocchini, Maurizio Bottarelli, Marco Bucchieri, Vittoria Chierici, Alberto Colliva, Carlo Cremaschi, Nicola Cucchiaro, Alcide Fontanesi, Marco Giovani, Gianni Guidi, Karl Hartwig-Kaltner, Donatella Landi, Daniele Lelli, Dona McAdams, Marina Mentoni, Magdalo Mussio, Valentin Oman, Marco Pellizzola, Guido Piacentini, Toni Romanelli, Sauro Serrangeli, Pier Luigi Vannozzi, Elisabetta Zanelli.
74. 27.01.2001 "Sette ipotesi per la <<Battaglia di Anghiari>>", Vittoria Chierici, dipinti e stampe digitali su tela.
75. 10.03.2001 "Orizzonti", Alcide Fontanesi, sculture in acciaio. (In contemporanea, "Cose", Araldica and Live Art, Bologna).
76. 21.04.2001 "Limbo", Marco Giovani, dipinti e disegni.
77. 24.05.2001 "Esosi Esotismi", Enrico Pulsoni, opere grafiche. "Ottentotto", Edizione grafica Cinquantunosettanta.
78. 10.11.2001 Magdalo Mussio, opere su carta, "Liberare la vita", Flavio Ermini (testo di).
79. 19.01.2002 "Il Calamo Divino", Fabrizio Passarella, dipinti e disegni, "Fabrizio Passarella. Worlds in a Small Room 1981-2001", AA.VV. (testi di).
80. 23.03.2002 "Voi siete, e in un caso o nell’altro, non scappate", Gianluca Costantini, stampa lambda su alluminio, "Vaticini di un oracolo", Giulio Guberti, "L’ascesa orizzontale di Gianluca Costantini", Fabiola Naldi (testi di).
81. 29.05.2002 "Figure Impossibili", Oscar Reutersvard, disegni, Bruno D’Amore (a cura di).
82. 28.09.2002 "Burnt budlet e Plamp bump (series)", Annaclara Di Biase, stampe fotografiche su alluminio, "Geografie dell’abitare", Franco Speroni (a cura di).
83. 09.11.2002 "Chez Moi (Questo rosa è una messa in atto)", Ivana Spinelli, video, ambiente, performance, "Geografie dell’abitare", Franco Speroni (a cura di).
84. 14.12.2002 "Through the Globe", Davide Tranchina, C-print, Roberto Daolio (testo di).
[1.1] Uliana ZANETTI, "Gallerie private a Bologna", in Peter Weiermair (a cura di), "Bologna Contemporanea 1975 - 2005", Damiani Editore, Bologna 2005, pp. 30-45.
Premessa
Benché si riconosca l’esistenza di un complesso “sistema dell’arte contemporanea”[2], che concorre con le sue molteplici articolazioni al successo o al declino delle poetiche artistiche, ancora pochi sono gli studi focalizzati sulla storia delle gallerie private, che di questo “sistema” sono una componente di grandissima rilevanza[3]. Il ruolo svolto dalle gallerie nella presentazione e nella promozione di tendenze o artisti viene però regolarmente segnalato nelle cronache, nei saggi e nelle biografie, e un addetto ai lavori è generalmente in grado di dedurre la collocazione di un artista rispetto alle diverse aree della critica e del mercato anche attraverso le presenze registrate in gallerie più o meno famose. Le gallerie sono infatti determinanti per la circolazione della pluralità di significati e di aspettative connessa alla nozione stessa di “opera d’arte”, nozione enormemente variabile a seconda del pubblico di riferimento, che può comporre le sue preferenze assegnando maggiore o minore importanza ai diversi aspetti che compongono l’idea di “valore”, da quelli squisitamente ideali o simbolici fino a quello di puro investimento economico.
Questo scritto, inteso come un complemento alla narrazione della storia dell’arte bolognese recente, tenta quindi un riordinamento cronologico degli apporti dati da alcune gallerie – con le loro attività espositive, divulgative e promozionali – alla costituzione della “fisionomia artistica” di Bologna e del suo sistema di scambi intellettuali. Questa è la ragione per la quale ho scelto di menzionare anche mostre organizzate da associazioni culturali non profit o da spazi con attività di vendita nulle o scarsissime, ma che hanno comunque avuto un pubblico attento fra gli artisti, i critici e, spesso, fra gli stessi galleristi. Nella citazione di eventi, artisti e mostre ho chiaramente operato una scelta personale: con tale selezione, tuttavia, ho cercato di offrire indicazioni il meno possibile arbitrarie per l’individuazione del posizionamento delle gallerie rispetto agli interlocutori specializzati e ai collezionisti[4].
Nello spazio di questo intervento non nutro certamente l’ambizione di offrire un resoconto esauriente di una vicenda tanto complessa e, tuttavia, spero che questo mio tentativo di delinearne i passaggi valga come occasione per suggerire futuri e più specifici approfondimenti.
Il 1975 (e prima)
L’anno prescelto come inizio per questa ricognizione è particolarmente significativo per Bologna. Due sono gli eventi che in questa data segnano in modo decisivo la vita artistica della città: l’inaugurazione della nuova sede della Galleria d’Arte Moderna, appositamente costruita presso il Fiera District, e l’avvio di ArteFiera, destinata a rimanere, fino ad oggi, la più frequentata fiera del settore in Italia.
Quanto alla vitalità del mercato dell’arte, è sufficiente contare le gallerie bolognesi presenti alla prima edizione di ArteFiera per rendersi conto che in città è presente un numero piuttosto nutrito di operatori del settore[5], ben distinti fra loro per la collocazione assunta rispetto alle diverse aree della produzione artistica, della critica e del collezionismo.
Nel 1974 è già stata proposta, nell’ambito della 38^ Fiera Internazionale, una ristrettissima edizione sperimentale di ArteFiera con dieci gallerie partecipanti, sette delle quali bolognesi. Fra queste quella di più antica tradizione è Il Cancello, l’ultima delle tre gallerie aperte, a partire dal 1943, dal pittore Giovanni Ciangottini[6], che, con la sua attività, aveva offerto l’occasione di vedere sia opere di maestri italiani della prima metà del Novecento (Guidi, Carrà, De Pisis, Rosai, Campigli e, naturalmente, Morandi) sia quelle di giovani emergenti: già nel 1960 vengono esposte le opere di Mario Schifano e di altri esponenti della cosiddetta “scuola di piazza del Popolo” (Festa, Angeli, Lo Savio e Uncini). Nel corso degli anni alcuni protagonisti internazionali dell’Informale (Jorn, Vedova, Hartung, Mathieu fra gli altri) vengono accostati ad artisti, spesso operanti nella stessa Bologna, di generazioni successive (Pozzati, Scheggi, Colliva, per citarne alcuni).
Seconda per anzianità è La Loggia, fondata nel 1954 e diretta da Maria Orri Pederzini e Bruno Nanni, che già alla fine degli anni cinquanta organizza due personali di Alberto Burri (1957 e 1959), e altre di Fautrier e Gorky, fra mostre più convenzionalmente dedicate ai maestri italiani della prima metà del secolo, come De Pisis, Maccari, Rosai, Sironi, Soffici, Morandi, Guidi, Casorati e Campigli. Negli anni sessanta si aggiungono alcuni artisti emersi nel corso del decennio precedente, come Moreni, Ruggeri, Bendini, Nanni, Vacchi e Pozzati, ed esponenti delle neo-avanguardie accostati all’anziano Fontana – come Gilardi, Bonalumi, Castellani – e della nascente Arte Programmata. Questa notevole apertura al nuovo, mantenuta accanto alla proposta di artisti da tempo storicizzati o comunque acclamati dalla critica internazionale (dagli impressionisti ai cubisti agli informali), incontra l’approvazione di Arcangeli e Carluccio e attrae ben presto l’attenzione degli esperti più qualificati, da Valsecchi a Marchiori, a Russoli, Cavalli, Gnudi, Calvesi, Tassi. Con il trasferimento da via Castiglione a Piazza S. Stefano, alla fine del 1966, la Galleria cambia il nome in La Nuova Loggia, rinnovando anche l’impostazione dei cataloghi, di formato più grande rispetto agli opuscoli e ai pieghevoli realizzati in precedenza. Nella programmazione si avvale frequentemente dei suggerimenti di alcuni giovani critici, come Barilli, Accame, Cortenova, Menna, che guardano all’informale internazionale e all’astrazione come ambiti di ricerca privilegiati.
Su una linea di costante aggiornamento si colloca l’attività della Galleria De’ Foscherari, aperta nel 1960 e diretta dalla metà degli anni sessanta da Franco Bartoli, affiancato da Pasquale Ribuffo. Già nel primo decennio di apertura la De’ Foscherari riesce a inserirsi fra le più considerate gallerie di tendenza in Italia[7], promuovendo con tenacia le ultime generazioni di artisti italiani, ma consolidando il proprio credito anche con l’offerta di artisti già stabilmente accolti nella storia dell’arte e nei circuiti del mercato. Nel corso degli anni sessanta si occupa di artisti tardo o post-informali (Bendini, Ruggeri, Scanavino fra gli altri), ma anche di pittori squisitamente figurativi (Guttuso, Guccione, Guerreschi); fra i “bolognesi” vengono proposti con continuità De Vita, Minguzzi, Cuniberti, Sartelli, Pozzati; vengono anche organizzate mostre dedicate a movimenti storici come l’Espressionismo tedesco o il primo Novecento italiano (entrambe nel 1965). Nel 1967 Calvesi introduce la mostra Otto pittori romani, con Angeli, Ceroli, Festa, Fioroni, Schifano, Tacchi, Kounellis e Pascali; poco dopo è la volta dei più famosi artisti pop americani, ma all’inizio dell’anno successivo la galleria già presenta un fenomeno di strettissima attualità e di fortuna ancora imprevedibile come l’Arte Povera, teorizzata da Germano Celant[8]. Il collegamento con critici di varie tendenze, spesso provvisti di interessi interdisciplinari, è molto ampio: negli agili cataloghi che quasi sempre accompagnano le mostre compaiono scritti di Calvesi, Barilli, Bonfiglioli, Boarini, de Micheli, del Guercio, Emiliani, Roversi, Scalia e molti altri. Caratteristica peculiare dei cataloghi è anche quella di contenere un “Notiziario”, curato e redatto da Pietro Bonfiglioli, del quale escono 65 numeri dal 1965 al 1989 e in cui trovano un generoso spazio le riflessioni teoriche di diversi intellettuali.
Aperta dall’artista Giancarlo Franchi nel 1961, in alcune stanze collegate alla sua abitazione in Via D’Azeglio, è la Galleria Duemila. Nonostante le vendite assai limitate, per moltissimi anni la galleria è un animato palcoscenico per ogni genere di ricerca intenzionalmente innovativa. Nella galleria vengono ospitati soprattutto artisti giovani di diversa provenienza: nel corso degli anni sessanta e dei primi anni settanta qui trovano accoglienza, fra moltissimi altri, Christo come Bottarelli, Plessi come Aricò, e ancora Baj, Mascalchi, Pozzati, Rotella, Vacchi, Cuniberti, Spalletti, Pacus, Ketty La Rocca, Icaro, Agnetti, Merz, Mauri, Paolini, Pistoletto, Ontani, Salvo, Vaccari. Ma la Duemila è soprattutto la prima galleria bolognese, e per un lungo periodo l’unica, in cui vengono presentate performance, con alcuni fra gli artisti già citati e con Lamberto Calzolari, Cioni Carpi, Ricci Lucchi e Gianikian. Grazie all’impegno del proprietario, che finanzia quest’impresa con le proprie risorse, la Duemila mantiene un assetto compiutamente professionale: spedizioni di inviti, pubblicazione di cataloghi, contatti con critici, collezionisti, giornalisti e gallerie di altre città vengono regolarmente seguiti.
Più prudenti le scelte della Galleria San Luca, inaugurata nel 1965 da Giuseppina Scardovi e Marilena Camerini Maj con una mostra di Permeke suggerita da Arcangeli, che segue l’attività della galleria anche negli anni successivi. Gli artisti presentati, già dotati di una solida reputazione critica, sono in genere riconducibili alle aree del Surrealismo e dell’Informale, come Matta, Brauner, Ernst, Magritte, Burri, Moreni, Mandelli, Ghermandi, Lam, Appel, Romiti. Fra i giovani bolognesi viene proposto con continuità Maurizio Bottarelli, che resterà legato alla galleria fino alla chiusura, avvenuta nel 1993.
Decisamente legata a princìpi tradizionali appare, invece, la Galleria Forni, aperta dal 1967, inflessibilmente orientata verso la figurazione. Negli anni settanta, fra gli artisti presenti in permanenza, si segnalano diversi bolognesi già molto noti, come De Vita e Minguzzi, ma anche il giovanissimo Manai. Artisti storici come Sironi, Depero, De Chirico, Vallotton, Pirandello, Gentilini, Vespignani e perfino Fattori vengono trattati accanto a quelli delle recenti generazioni, come Boschi, Clerici, Cremonini, Fieschi, Trubbiani e Guccione. La relativa modernità di queste opere conquista un notevole favore presso i collezionisti locali e la reputazione della galleria ha fra i suoi mallevadori anche Franco Solmi, allora direttore della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna[9].
Un posto a parte, infine, è occupato dalla Galleria Stivani, fondata nel 1970 da Paolo Stivani e principalmente dedita all’arte dell’Ottocento, che però si impegna a promuovere – con innegabile audacia a queste date – gli artisti della Nuova Oggettività tedesca (Schad, Schlichter, Radziwill) e del Realismo Magico italiano (Cagnaccio di San Pietro, Ghiglia).
In questa primissima Fiera bolognese non compaiono la Galleria Marescalchi, aperta nel 1973 dall’ex barbiere Mario Marescalchi, che sceglie fin dall’inizio di trattare solo firme storiche di valore consolidato, con Morandi naturalmente in testa; né la Galleria Fabjbasaglia, aperta alla fine degli anni sessanta da Paola Basaglia e Luciana Fabj, che nei primi anni si occupa solo di opere grafiche; né le nuove gallerie di tendenza che vengono aperte fra il 1973 e lo stesso 1974: la Galleria Studio G7 e lo Studio Cavalieri. Alla prima ArteFiera del 1975 le gallerie citate, a parte Il Cancello e Fabjbasaglia, sono comunque tutte presenti, insieme ad altre fra le quali ricordo Bologna due, aperta nel 1973 e diretta da Claudia Dall’Olio con Vasco Bendini e Giorgio Zucchini, che vi espongono insieme ad altri artisti bolognesi come Mascalchi e D’Augusta; la Galleria Due Torri, che presenta fra i suoi artisti Avanzolini e Montesano; la Galleria Nanni, che tratta opere di Burri, Crippa, Fontana e Turcato; la Galleria Pellegrino, che ha la sua sede in Palazzo Bentivoglio, accanto agli studi degli artisti appartenenti al gruppo che dal palazzo prende il nome[10] e di alcuni dei quali, fra altri, segue il lavoro; la Galleria Sampietro, che tratta grandi maestri dell’Informale, come Burri e Fautrier; la Galleria Trimarchi, inaugurata nel 1974, che si interesserà in particolare all’astrattismo europeo e americano; la Galleria Stamparte, specializzata in incisioni di grandi maestri contemporanei e in edizioni di pregio. Proprio nel 1975, infine, apre lo Studio Cristofori.
1976-1980
Il quinquennio, che è contrassegnato dalle proteste e dagli scontri giovanili – nel corso dei quali, nel marzo 1977, viene ucciso Francesco Lorusso – e che si chiude con la strage alla stazione dell’agosto 1980, è fra i più drammatici per la recente storia bolognese. Allo stesso tempo cresce a Bologna un’ondata creativa senza precedenti, su un terreno reso particolarmente dinamico dalla presenza di un’antica e rinomata Accademia di Belle Arti e dall’ancor più calamitante DAMS, aperto dall’anno accademico 1970/71, che arruola fra i suoi docenti intellettuali di grandissimo prestigio. Bologna è, intorno a questi anni, un effervescente laboratorio culturale in ogni ambito, dalla ricerca accademica a quella sperimentale, dalla letteratura alla musica, dall’arte al teatro, dalla comunicazione al fumetto. Tuttavia, la sua oleografica immagine di città simbolo dell’intera sinistra, capace di ricomporre i conflitti sociali in una singolare combinazione di aperture progressiste e di benessere diffuso, ne risulta innegabilmente incrinata[11].
Nelle fratture fra “ufficialità” e “cultura underground” qualche ricucitura viene tentata soprattutto da alcuni docenti e ricercatori del DAMS[12]: nell’ambito delle arti visive sono soprattutto Barilli e i suoi giovani allievi, come Francesca Alinovi e Roberto Daolio, a prestare attenzione a questi fenomeni e a curare presso la stessa Galleria Comunale d’Arte Moderna eventi dedicati alle forme d’arte più innovative, come le settimane della performance organizzate nel 1977, 1978, 1979.
Il sostegno dei critici ad azioni e interventi che non possono essere direttamente commercializzati stimola la circolazione di queste iniziative anche presso alcune gallerie bolognesi, che sostengono queste ricerche sia invitando gli artisti (Duemila, Cavalieri, G7), sia divulgando studi, riflessioni e dibattiti attraverso i loro “bollettini” (De Foscherari, G7).
Fin dalla prima mostra, dedicata agli specchi di Pistoletto nel 1973, la Galleria G7 di Ginevra Grigolo guarda con attenzione all’ambito poverista e torinese in generale, con mostre personali di Zorio e Paolini e con opere di Anselmo, Griffa, Penone, Salvo, ai quali nel tempo si aggiungerà Gastini. Negli anni successivi diverse mostre vengono dedicate alla grafica pop americana[13], ma si fa sempre più evidente la predominante inclinazione della galleria per l’arte concettuale – inclusa certa ricerca fotografica – e per i versanti non iconici della pittura. I contatti con artisti e collezionisti vengono sviluppati a livello internazionale con una presenza costante alle più importanti fiere internazionali (a Basilea per ventitre anni, a Colonia, Düsseldorf e Francoforte per numerose edizioni, e ancora a Los Angeles e a Madrid) e la galleria diviene punto di riferimento per molti giovani artisti della regione, come Guerzoni (che tiene qui la sua prima personale nel 1973 e vi espone poi regolarmente), Vaccari, Manai, Violetta, Galliani (che vi tiene, nel 1977, la sua prima personale e ne ha altre ancora nel 1980, 1982 e 1983). E’ sempre in questi anni che la galleria ospita una storica performance di Marina Abramovic e Ulay, ripresi da una videocamera mentre restano diciassette ore legati schiena a schiena, e che viene pubblicato, dal 1977 al 1981, il bollettino “G7 Studio”, periodico che si occupa di arte, cinema e teatro e che ospita interventi critici di Altamira (che ne diventa anche direttore), Cortenova, Barilli, Alinovi, Sega Serrazanetti, Spadoni e molti altri.
Nello stesso periodo Adriana Cavalieri, che nel 1974 aveva inaugurato la sua galleria con una mostra di artisti, come lei, romani (Angeli, Schifano e Festa, mentre Mambor ha tre personali nel 1976, 1977, 1978), organizza anche performance (di Lombardo nel 1976, di Buggiani e di Mundula nel 1977) nello spazio antistante la sede in Piazza Santo Stefano, che lascia alla fine del 1978 per trasferirsi in Via Guerrazzi. La matrice anticonformista della galleria è confermata dalle mostre dedicate a Beuys (nel 1976 e nel 1978) e dalla costante attenzione per gli artisti Fluxus (Giuseppe Chiari ha due personali nel 1977 e nel 1979), concettuali e poveristi (Calzolari ha una personale nel 1977, Agnetti nel 1979, e in permanenza ci sono opere di Boetti, De Dominicis, Kounellis, Merz). E’ con innegabile tempismo che lo Studio Cavalieri propone anche gli esordi del ritorno alla pittura e della nascente Transavanguardia: nel 1977 la galleria tratta già opere di Notargiacomo, Clemente e Chia (che ha una personale nel 1978) e dal 1980 dedica diverse personali a Germanà. Con le sue iniziative la galleria ottiene uno scarso seguito fra i collezionisti bolognesi, ma grazie alla partecipazione alle fiere europee può contare, come la G7, su una buona clientela nazionale e straniera.
Luogo deputato alla performance resta la Galleria Duemila, che accanto alle mostre e agli happening organizza anche letture di poesie – curate alla fine degli anni settanta da Paolo Badini – e presentazioni di libri. E’ alla Duemila che fa una delle sue prime apparizioni un giovanissimo Paladino, nel 1975, mentre, fra gli esordienti bolognesi, tengono qui la loro prima personale Benuzzi nel 1977 e Bernardoni nel 1978.
Fra le proposte della De Foscherari trova un certo spazio, accanto agli artisti “storici” della galleria, l’arte concettuale (personali di Christo nel 1973, di Manzoni nel 1974 e di Vaccari nel 1976, la prima personale di Jori nel 1977), mentre, sul finire del decennio, vengono ricercate più puntuali impostazioni per le mostre collettive. Nel 1978 Pier Giovanni Castagnoli cura una mostra in tre fasi sul tema del tempo: il saggio in catalogo e le opere, selezionate come “campioni sintomatici”, rappresentano un serio tentativo di affrontare la lettura dell’arte attuale attraverso i suoi intrecci con una categoria fondante del pensiero[14]. E’ un’intenzione metodologica del tutto estranea al riconoscimento dell’omogeneità di qualche nuova tendenza, compito raccolto invece nel 1980 da altre due collettive tenute in galleria: Nuovo contesto, in cui Flavio Caroli utilizza la sua peculiare visione critica per introdurre Benato, Carone, Caspani, Cassano, Galliani, Landi, Spoldi, Giandonato e Sei pittori, in cui è Calvesi a presentare Abate, Di Stasio, Marrone, Panarello, Piruca e Pizzicannella.
La Fabjbasaglia inizia nel 1974 a trattare pezzi unici, riservando grande attenzione agli esponenti dell’astrazione e della “pittura analitica” – così definita da Giorgio Cortenova nel 1973 – come Aricò, Carrino, Castellani, Dorazio, Gastini, Griffa, Nigro, Olivieri, Uncini, Verna, che avvicina ad artisti bolognesi come Mascalchi, Partisani, Pintori, Satta. Fra i più giovani si segnalano invece la presenza di Benati dal 1976 e le personali di Clemente e Tatafiore nel 1979.
Per un breve periodo opera a Bologna, in via S. Stefano, anche Mario Diacono che, per il suo profilo di intellettuale e di poeta, oltre che di gallerista, lascia una traccia importante nella storia culturale della città. Se nel 1978 la galleria allestisce Per una politica della forma: Calzolari, Merz, Kounellis e una personale di Paolini, confermando la sua attenzione per gli ormai ben noti “poveristi”, nel 1979 dà ampio spazio alla generazione successiva, proponendo fra l’altro mostre personali, con installazioni, di Cucchi, Chia e Nicola De Maria. Fra i giovani bolognesi hanno una personale Antonio Violetta e Giorgio Zucchini nel 1978, Ontani nel 1979, Anna Valeria Borsari nel 1980. Tra il 1975 e il 1981 Diacono pubblica anche, insieme a Claudio Parmiggiani (editore il collezionista Achille Maramotti), i 7 numeri di Tau-ma, ragguardevole “rivista” dedicata all’arte e alla poesia visiva, composta da scatole di cartone contenenti documenti, fotografie, illustrazioni e libri.
Mentre continua a presentare opere di Degli Angeli, D’Augusta, Partisani, Gori, presta largo spazio all’installazione, in questi anni, anche la Galleria Pellegrino, con lavori di Zucchini, Bernardoni, Del Re.
La Galleria Marescalchi prosegue la sua attività organizzando sistematicamente mostre monografiche dedicate a maestri italiani e stranieri di fine ottocento e novecento (Morandi, Mirò, de Pisis, Bertelli, Boldini, Chagall, Klee, Grosz, Picasso, Mirko Basaldella, Pizzirani, Marini, Saetti, Campigli, Maccari, de Chirico, Guidi, Sassu, Romagnoli), pubblicando per tutte cataloghi ben curati, quasi sempre introdotti da un testo di Giorgio Ruggeri e arricchiti di schede critiche delle opere presentate, e conquistando fama e credito non solo a livello nazionale.
Sul finire del decennio si segnala l’inaugurazione di nuove gallerie: ha una vita brevissima quella di Ferruccio Fata, che tuttavia presenta artisti ragguardevoli come Salvadori, Spalletti e Parmiggiani e che organizza una personale di Calzolari nel 1978.
Nel 1978 apre la Galleria Maggiore di Franco e Roberta Calarota, che acquista prestigio trattando sia grandi maestri storici apparsi nel primo Novecento, da Mirò a Morandi, sia protagonisti riconosciuti delle avanguardie internazionali del dopoguerra, come Arman, Jones, Wesselman, Ramos, Plessi, fino a Longobardi. Fra gli artisti emiliani vengono prescelti Nanni e, in tempi più recenti, Benati. La presenza alle maggiori Fiere internazionali, la pubblicazione di cataloghi ben curati che accompagnano molte delle mostre allestite in galleria, la partecipazione alle aste, la fitta rete di rapporti intessuta non solo con mercanti di incontestata reputazione, ma anche con studiosi, fondazioni, archivi, istituzioni museali, concorrono negli anni a rafforzare il posizionamento e l’immagine della galleria in un ambito internazionale.
Nel 1980 inaugura in Piazza Verdi, con una mostra dedicata a Luigi Veronesi, la Galleria Spazia di Marco Bottai. Le scelte iniziali convergono soprattutto sull’astrazione italiana degli anni cinquanta, con Capogrossi, Tancredi, Fontana, Novelli, Scarpitta, Nigro e gli artisti di Forma 1: Accardi, Turcato, Sanfilippo, Perilli, Dorazio. Le inclinazioni del proprietario, però, fanno sì che un certo interesse venga riservato anche ai grandi fotografi del XX secolo.
Decisamente concentrata su maestri storici di fama prevalentemente locale è invece la Galleria 56 di Estemio e Silvana Serri, anch’essa inaugurata nel 1980, che in 25 anni di lavoro ha sistematicamente promosso la rivalutazione degli artisti bolognesi attivi fra fine ottocento e prima metà del novecento (fra i quali Chini, Luigi Bertelli, Protti, Romagnoli, Corsi, Saetti), accompagnando le mostre organizzate con cataloghi imponenti e sfarzosi, curati da esperti di indubbia competenza[15].
1981-1990
Il diffuso ritorno alla pittura che caratterizza la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta procede con l’affermarsi della nozione di Transavanguardia, che, con altre formule di pari o minor successo, supporta di fatto il ritiro dell’arte nella specificità della propria storia e dei propri linguaggi, accantonando molte istanze che hanno animato fino ad allora il dibattito culturale, ma foraggiando il mercato di opere certamente più vendibili di quelle realizzate da artisti concettuali o performer. Bologna non resta del tutto estranea, come si è visto, all’insorgere di una tendenza che si inscrive nell’affermazione internazionale e ufficiale, nel mercato come nelle istituzioni museali, dei fenomeni collegati al cosiddetto “neo-espressionismo”. La fugace presenza di Mario Diacono, che nel 1980 si è già trasferito a Roma e di lì a pochi anni si sposterà negli Stati Uniti, e le precoci intuizioni di Fabjbasaglia o dello Studio Cavalieri non bastano però a fare della città un epicentro internazionale del fenomeno[16] (come accade invece alla vicina Modena grazie alla galleria Mazzoli), benché Bonito Oliva, teorico e promotore della Transavanguardia, sia ben introdotto negli ambienti culturali bolognesi e la sua presenza si registri più volte a Bologna nei primi anni ottanta, anche in occasione di diverse conferenze tenute al Circolo Artistico[17].
Ma è vero che la realtà vivente dell’arte è sempre assai più sfaccettata e complessa di come appaia nelle sintesi a posteriori, né l’acclamazione delle tendenze dominanti paralizza l’evoluzione di ricerche di segno diverso[18]; il dibattito è assai acceso e sotto l’ombrello del postmoderno si sviluppa una radicale confutazione del ruolo stesso degli intellettuali, che convoca anche i critici d’arte a rilegittimare le intenzioni e le modalità del loro lavoro. E forse è proprio la comparsa di una nuova e vivace, quanto eterogenea[19], generazione di critici e di studiosi – che in genere hanno compiuto almeno una parte della loro formazione negli ambienti del DAMS – uno degli aspetti più interessanti della situazione artistica bolognese alla fine degli anni settanta e nel corso degli anni ottanta: ne fanno parte, oltre ai già citati Daolio e Alinovi, Claudio Spadoni, Alessandra Borgogelli, Paola Sega Serrazanetti, Silvia Evangelisti, Adriano Baccilieri, Roberto Pasini, Rosalba Pajano, Marilena Pasquali, Claudio Marra, Dede Auregli, Sandro Sproccati, Mario Bertoni, Dario Trento, Valerio Dehò, Claudio Cerritelli ai quali si aggiungono in seguito Vittoria Coen, Piero Deggiovanni, Walter Guadagnini, Fabio Cavallucci[20]. Pur interessati all’evoluzione artistica internazionale, mantengono un legame privilegiato con il territorio, occupandosi spesso di artisti giovani, scarsamente o niente affatto conosciuti, che accompagnano nei loro sviluppi, che presentano in mostre, che sostengono con articoli e recensioni. Come i critici della generazione precedente, sono interlocutori molto importanti anche per le gallerie bolognesi.
Nel 1981 la Duemila festeggia i vent’anni della sua attività con una mostra dei numerosi artisti bolognesi che nei suoi spazi hanno trovato un’importante vetrina; in concomitanza viene pubblicata una raccolta di testimonianze curata da Carla Masotti, che collabora all’organizzazione della galleria dalla fine degli anni settanta. Ma si sta approssimando l’insorgere di una malattia che impedirà a Franchi di occuparsi ancora della galleria e che nel 1987 ne provocherà la morte; agli artisti viene chiesto di sostenere l’attività assumendo una parte degli oneri connessi alle mostre, ma l’impulso sperimentale si smorza e nel 1983 lo spazio viene ceduto. La galleria cambia il nome in Nuova Duemila: dal 1984 al 1988 il direttore artistico è Claudio Cerritelli, che dà allo spazio un indirizzo profondamente diverso da quello precedente. Nel 1984 vengono allestite personali di Griffa, Olivieri e Degli Angeli; l’anno seguente di Chiari, Vaccari, Isgrò, Levi. Il programma si incardina così su ricerche rivolte all’astrazione e segnate da una forte impostazione concettuale. Espongono ancora Cuniberti, Verna, Martani, Kroke, Biamino, Roberto Costa, Dadamaino, Partisani, ed è dedicata nuovamente a Griffa, infine, l’ultima mostra curata da Cerritelli nella primavera del 1988.
La De Foscherari organizza nel 1981 la mostra L’idea del marmo da Nagasawa a Salvo, curata da Silvana Sinisi, con artisti anche inediti per la galleria, ma per tutto il decennio, in generale, si mantiene fedele agli indirizzi e agli artisti coltivati in precedenza, dedicando loro importanti personali: nel 1981 Piero Manai espone Autoritratto con maschere; Ceroli presenta i Bronzi di Riace nel 1982 e Le Bagnanti nel 1985; diverse sono le mostre di Schifano. A questi artisti che, con Pozzati, Jori e Sartelli, sono rappresentati in permanenza in questi anni, si aggiungono alla fine degli anni ottanta Mainolfi e Ontani.
Lo Studio Cavalieri si dedica assiduamente ad artisti emergenti, fra i quali Alessandro Perelli Canova (personali nel 1980, 1982, 1983), Stefano di Stasio (1981), Carlo Cecchi e Arcangelo (1981), Maurizio Goldoni (1984), Santoli (1988, 1989) ma continua a presentare fenomeni di avanguardia degli anni sessanta: nel 1984 gli artisti del Wiener Aktionismus vengono confrontati con alcuni giovani pittori austriaci in una collettiva curata da Weiermair; nel 1987 e nel 1990 vengono organizzate due mostre dedicate a Fluxus. Ancora un confronto fra generazioni viene proposto nella collettiva Araldica, del 1988, in cui vengono riuniti Lodola, Innocente, Benuzzi, Wal e i giovanissimi Renzini e Lamberti.
La G7 si occupa sempre più sistematicamente di scultura e installazioni, presentando artisti come Nagasawa, Spagnulo, Icaro, Violetta, Nunzio, Bernardoni, Habicher, Catalani, Paolini, Penone, Garutti. E’ ancora in questi anni che si accende un particolare interesse per il lavoro di Luciano Bartolini, di Beckley e di Sol LeWitt e che si avvia un intenso e ininterrotto rapporto di lavoro e di amicizia con Anne e Patrick Poirier.
La Fabjbasaglia, nei primi anni ottanta, arruola fra i suoi artisti Benuzzi, Maraniello, Spoldi, inclusi da Barilli nei “Nuovi Nuovi”[21], e ancora Esposito e Di Sambuy, mentre continua a presentare con regolarità il lavoro di Benati. Ma si tiene anche una personale di Penck nel 1983, e vi si trovano opere di Clemente, Cucchi, Paladino. La galleria investe moltissimo nella promozione dei propri artisti, presentandoli nelle maggiori fiere europee e comprando spazi pubblicitari sulle riviste specializzate. Meno metodica è invece la pubblicazione dei cataloghi delle mostre, comunque molto seguite dai critici non solo bolognesi. Nel 1987 Paola Basaglia abbandona l’attività e Luciana Fabj viene affiancata da Paola Ruffi, ma nonostante la stima conquistata fra addetti ai lavori e collezionisti, soprattutto stranieri, la galleria chiude nel 1992 e cede il nome ad una galleria riminese, aperta tuttora.
Allo Studio Cristofori, che nei primi anni di apertura aveva proposto “classici” come Licini e Morandi e in seguito solo scultura, fanno il loro ingresso i pittori delle ultime tendenze, in genere figurative, come Notargiacomo, Barni, Mastrangelo, Passarella, Pedullà, Montesano, Zucchini. Nel 1986 Corrado Levi cura per la galleria la mostra Trementina eccitata, nella quale mette a confronto se stesso e Benuzzi, Levini e Mastrangelo, Mendini e Occhiomagico, Ontani e Pusole, Carol Rama e Cinzia Ruggeri, Salvo e Santachiara, Spoldi e Zucchini.
Nel corso degli anni ottanta Spazia inizia a trattare artisti delle nuove generazioni, accogliendo i pittori astratti degli anni settanta, come Olivieri, Cotani, Mulazzani, Zucchini, Marchegiani, Debiasi e giovani emergenti, come Asdrubali, Carboni, Fogli, Caccioni. Inizia a essere proposta in questi anni anche la scultura, con artisti come Consagra, Colla, Uncini. Nel 1986 la galleria si trasferisce in un negozio di Via de’ Carbonesi, inaugurando la nuova sede con una mostra di Nigro. Per tutto il decennio l’attività espositiva continua ad essere documentata, anziché da cataloghi singoli, attraverso una pubblicazione annuale, presentata ogni volta da un critico diverso.
Continuano con coerenza la loro attività la galleria San Luca, che mantiene un rapporto privilegiato con Burri e che vanta ora fra i suoi artisti anche Melotti, e La Loggia, che continua a valorizzare gli artisti stimati da Arcangeli, come Romiti, Nanni, Moreni, Morlotti, Mandelli e le ricerche astratte con Fontana, Vasarely, Satta, Mascalchi, Zao Wou-Ki, Scanavino, Mulazzani.
Nel processo di “normalizzazione” che investe Bologna dopo le proteste del ’77, la vivacità creativa e dialettica degli ambienti universitari e giovanili non si è comunque smorzata, e anzi continua a provocare incontri e a suscitare iniziative. In questo clima ha origine l’Associazione Culturale Neon[22], fondata nel 1981 da Gino Gianuizzi, Stefano Delli, Valeria Medica, Antonia Ruggeri e Maurizio Vetrugno, che nell’estate aprono la sede di Via Solferino con una mostra di Gianuizzi e Vetrugno. All’inaugurazione è presente Francesca Alinovi, che entra subito in sintonia con il gruppo e lo denomina “Enfatista”. La sua complicità e la sua esperienza sono determinanti per questa “formazione”[23], inizialmente priva di una vera e propria identità artistica, ma dopo la sua scomparsa, avvenuta nel giugno 1983, gli “enfatisti” si disperdono[24] e Neon rallenta notevolmente la sua attività.
Ancora nel 1981 viene fondata, con un segno del tutto diverso, l’Associazione Culturale Mascarella, che l’anno successivo inaugura uno spazio espositivo diretto da Alessandra Fontanesi[25]. L’associazione, che riunisce appassionati e collezionisti d’arte contemporanea, è autofinanziata e i soci possono eventualmente comperare le opere esposte. Fin dall’inizio le scelte vengono indirizzate principalmente ad artisti esordienti o poco noti, in genere della regione e quasi sempre accomunati da un forte interesse per la rigorosa esecuzione tecnica dell’opera, qualunque sia il mezzo prescelto. Ne sono un indice le mostre intitolate a singole tecniche, come La Nuova Ceramica. Impercettibili confini, del 1982, che include fra gli altri i giovanissimi Bertozzi e Casoni, o Scintille di pittura, del 1984, con la presenza di Carboni, Degli Angeli, Passarella[26]. L’interesse prevalente per la pittura e per la scultura – quest’ultima sondata anche nelle sue possibilità di utilizzo pratico – non impedisce però di accogliere anche altri tipi di lavori, come performance, installazioni, nuovi media e perfino fotocopie, come testimonia la mostra Post Machina. Copy Art. Video. Suono del 1984. Con le visite agli studi si scelgono artisti giovani o sconosciuti e molti rapporti si instaurano grazie all’intervento di Mascalchi e Bottarelli, docenti all’accademia. Vengono seguiti con continuità Mussio, Bucchieri, Mascalchi, Iacchetti, Cucchiaro, Cremaschi, Mentoni, mentre cresce l’interesse dei critici, fra i quali Cerritelli, Marra, Auregli, Barilli. Durante un lungo soggiorno negli Stati Uniti nel 1985 Alessandra Fontanesi avvia anche dei rapporti con la PS122, una nota galleria dell’East Village, la zona in questi anni più animata della scena artistica newyorchese e dai primi anni ottanta culla dell’“arte di frontiera” che tanto aveva affascinato la Alinovi. In collaborazione con la PS122 vengono organizzate sia a Bologna sia a New York, per la cura di Ida Panicelli, quattro personali di Zanelli, Serrangeli, Bucchieri e Pezzatini e una collettiva di dodici artisti dell’East Village presentata da Carlo McCormick. Sul finire del decennio lo Studio Mascarella tenta di acquisire maggiori riscontri di mercato, grazie anche alle partecipazioni ad Artefiera dal 1989 al 1993, anno in cui, tuttavia, lo spazio chiude.
Diverse altre sono le gallerie che appaiono nel corso degli anni ottanta. Nel 1983 apre in Via Marsili la Galleria L’Ariete di Patrizia Raimondi, con un’attività espositiva molto intensa e diversificata, caratterizzata in genere da buoni riferimenti culturali e da concreti riscontri di mercato, alla quale si affiancano conferenze e incontri su arte e letteratura. Dal 1985 partecipa con continuità a fiere internazionali e promuove numerose collaborazioni con le associazioni culturali italo-straniere di Bologna per presentare mostre di artisti stranieri in Italia.
Nel 1986 inaugura in Via Massarenti, con una chiara impostazione di mercato, la Galleria Astorre, che tratta soprattutto pittori figurativi del novecento italiano. Rare e mirate le mostre, fra le quali si segnalano, in venti anni di attività, quelle dedicate a Saetti, Schifano e Morlotti.
Nel 1987 apre in Via Castiglione, con una mostra di Kline organizzata in collaborazione con lo Studio Marconi di Milano, la Galleria Verlato. La collaborazione con importanti gallerie di altre città caratterizza anche in seguito l’impronta della galleria: nel 1988 Jo Schöpfer e Mariano Rossano vengono presentatati con La nuova pesa di Roma e Ceccobelli con la Galleria Totem Il Canale di Venezia; una vasta collettiva con opere di piccolo formato di numerosi artisti milanesi di diverse generazioni, Milano Punto 1, vede la galleria associata, nel 1989, allo Studio Marconi, a Mara Coccia di Roma, alla Polena di Genova e alla Nuova Bussola di Torino. Le scelte operate da Nicola Verlato oscillano fra nomi da tempo consacrati (una mostra viene dedicata a opere storiche di Angeli, Festa, Schifano nel 1988), artisti a queste date discretamente affermati (Jori, Ontani, Montesano, Ceccobelli) e stranieri ancora poco noti in Italia, che adottano preferibilmente una figurazione di gusto neo-surrealista, come Kunc, Knap, Shokof. Alcuni cataloghi vengono pubblicati in occasione di mostre personali, soprattutto per promuovere artisti poco noti in Italia. Nonostante l’apertura di una seconda ampia sede a Milano, nella quale allestisce mostre di Stamos, Shokof, e Bendini, Verlato chiude la galleria agli inizi degli anni novanta.
Fra le altre gallerie attive in questi anni si segnala la Severiarte, aperta nel 1987 da Daniela Severi, attenta ai grandi maestri delle avanguardie, storiche e recenti (Duchamp, Spoerri, Arman, Chiari; Angeli, Schifano), ma anche alla Transavanguardia e ad artisti giovanissimi: del 1990, per esempio, sono la personale di Bettina Werner e una collettiva con Formento, Sossella, Viel e Vitone.
Particolarmente significativo è il nuovo impulso dato da Gino Gianuizzi all’attività di Neon nel 1988. Tornato a stabilirsi a Bologna, dopo aver lavorato alcuni anni a Milano, Gianuizzi organizza infatti Neon come una vera galleria. Gli artisti vengono cooptati attraverso rapporti di stima e di amicizia, e si trovano quasi sempre in sintonia con una tendenza in cui tornano a prevalere le componenti concettuali; molti provengono dall’Accademia e sono allievi di Roberto Daolio, che spesso scrive per loro le presentazioni stampate nei piccoli cataloghi o distribuite su fogli fotocopiati. A una collettiva del 1987 allestita in due tranches, Emergenze I-II-III[27], seguono nel 1988 le personali dedicate a Cattelan (alla sua prima apparizione individuale), Lavagetto, Orlandi, Mazzoni e tre collettive, fra le quali ricordo La regina degli UFO per la presenza di Arcangeli, Cavenago, Cuoghi e Corsello, Campanini. Nel 1989 alla Neon tengono la loro prima personale Tozzi e Pessoli, mentre nel 1990 è la volta di Eva Marisaldi; altre personali vengono dedicate a Traina, Cattelan, Remi e Conti nel 1989 e a Cattelan e Tozzi, Grazzi, Vitone nel 1990. Nelle collettive organizzate nel 1990 compaiono inoltre Fantin, Bernardi, Vetrugno, Pivi. Da questo momento Neon svolge uno stimato ruolo di “gatekeeper”: fra i più attenti osservatori della sua attività si segnalano il critico milanese Roberto Pinto, redattore di Flash Art, e due dei più noti galleristi italiani, Paolo Vitolo e Massimo Minini.
L’apparizione delle nuove gallerie nella seconda metà degli anni ottanta avviene comunque nella percezione generale che il mercato dell’arte sia radicalmente cambiato; iniziano ad essere additate ad esempio anche in Italia la logica aziendale e le strategie di marketing delle grandi gallerie americane, e la gestione delle gallerie piccole e medie che affollano il mercato italiano, spesso a conduzione personale e sparse in centri anche minori, sembra dover essere sottoposta, mentre crescono i segnali di crisi, a una profonda revisione.
Alcune fra le più rinomate gallerie bolognesi tentano di organizzare mostre in collaborazione[28] e si associano per acquistare spazi pubblicitari comuni sulle riviste. E’ possibile che a sollecitare questi accordi contribuiscano le previsioni piuttosto pessimistiche sul futuro del mercato dell’arte, così come l’inasprirsi della concorrenza, alimentata dal successo delle case d’asta e dall’apparizione di gallerie sempre più competitive da un lato, e dal proliferare di traffici più o meno irregolari dall’altro. Un sondaggio fra i galleristi bolognesi, pubblicato da Flash Art[29] nel 1990, costituisce un’interessante testimonianza di come è vista la situazione a Bologna. I galleristi interpellati dichiarano in genere di avere una clientela in massima parte non locale, ma nazionale e straniera e talvolta costituita dagli stessi galleristi. L’unica galleria che dichiara di avere un pubblico prevalentemente bolognese è Forni[30], che pure ha aperto filiali anche all’estero (ad Amsterdam dal 1975 al 1982 e a Tokyo dal 1984 al 1994); il successo che la galleria continua ad ottenere sul mercato bolognese è d’altra parte evidenziato dall’apertura di una seconda vasta sede in Via Lenzi, che funziona dal 1989 al 1997, quando si completa l’ampliamento della sede originaria.
Anche l’aumento dei prezzi e le alte quotazioni raggiunte in asta da alcune opere vengono interpretati come scoraggianti per il collezionismo piccolo e medio, che è per molti galleristi un bacino vitale. Che sia dovuto o meno a queste considerazioni, è comunque vero che molte gallerie si attengono a una sempre maggiore specializzazione, sia per quanto riguarda stili e artisti trattati, sia per quanto riguarda le fasce di prezzo, sia per quanto riguarda la posizione assunta rispetto ai vari segmenti di mercato.
1991-2000
Dopo il periodo prospero dei primi anni ottanta, nei primi anni novanta si registra un drastico ridimensionamento del mercato dell’arte, acuito in Italia dall’aggravarsi della crisi economica seguita alla Guerra del Golfo del 1990 e, due anni dopo, dagli effetti di Mani Pulite. Alcune gallerie di recente fondazione scompaiono, mentre quelle di più lunga tradizione affidano la loro tenuta alla solidità della propria reputazione, del proprio magazzino e della clientela più affezionata.
Ma il 1991 è anche, per Bologna, la data di due manifestazioni espositive organizzate dalla Galleria d’arte moderna che hanno notevoli riflessi sulla cultura artistica della città. La prima è AnniNovanta, curata da Renato Barilli per varie sedi emiliano-romagnole, che propone una panoramica assai ampia delle maggiori tendenze internazionali ma che include anche molti artisti italiani. La seconda è Nuova Officina Bolognese, che “consacra” alcuni giovani artisti formatisi all’Accademia cittadina: Armstrong, Bernardi, Caccioni, Cascio, Cuoghi e Corsello, Hölzl, Igort, Lamberti, Manetti, Mariano, Marisaldi, Marziano, Pessoli, Renzini, Romanelli, Toderi.
Molti fra gli artisti invitati alle due mostre hanno già tenuto esposizioni nelle gallerie di scoperta bolognesi, in particolare alla Neon o al Centro Mascarella, ma questa è per alcuni l’occasione per essere notati anche da gallerie con una più strutturata attività di vendita. Una notevole apertura ai giovani è mantenuta dalla G7: entrano in galleria Fabrizio Corneli dal 1991 e, in seguito, Toni Romanelli, Paolo Iacchetti, Ketty Tagliatti e Walter Cascio. Nel 1995 la galleria inaugura anche, dirimpetto alla sede storica, un secondo spazio, chiamato Ex-Falegnameria, per mostre di carattere più sperimentale. Negli anni novanta vengono presentati anche alcuni stranieri già noti (Pijuan nel 1992, Deyle nel 1992, Tremlett nel 1998 e nel 2000), mentre rimane costante il sostegno agli artisti seguiti negli anni precedenti, molti dei quali prendono parte alle tre mostre organizzate nel 1993 in occasione del ventennale e dedicate rispettivamente alla grafica, alla scultura, alla pittura.
Molta attenzione ai giovani viene prestata anche dallo Studio Cavalieri, che nel 1991 allestisce la mostra In media, curata da Claudio Marra, con quattro bolognesi emergenti: Bernardi, Rivola, Manetti, Lasagna, mentre nel 1992 organizza presso il Castello di Bentivoglio la rassegna Eros con Chiesi, Rivola e Rendina, accompagnata da un convegno; nel corso degli anni novanta, mentre non si spegne l’interesse per Fluxus, per la poesia visiva e per la performance, si segnalano le presenze di Delvoye nel 1994 e di Van’t Slot nel 1999, mentre diventano artisti della galleria anche Michele Mariano e Karin Andersen.
Nel 1991 Neon si trasferisce in una sede più ampia in Via Avesella, ma il successo riscosso da alcuni artisti promossi dalla galleria suscita sofferte riflessioni sul suo andamento. Nonostante l’indubbia capacità di certificare la qualità di nuovi talenti, asseverata dalle diverse collaborazioni con altre gallerie e con diverse istituzioni pubbliche e anche dagli inviti alle fiere di Nizza, Francoforte e infine Basilea (nel 1992, 1993, 1994), la galleria non ha infatti una forza economica che le consenta di sviluppare un’attività di promozione e di vendita in grado di allettare gli artisti una volta che si sono affermati. Il gruppo si spezza, benché Neon possa continuare a contare sulla presenza costante di figure di rilievo come Francesco Bernardi, Cuoghi e Corsello, Eva Marisaldi, Emilio Fantin, Tommaso Tozzi (e ancora di Cattelan nella prima metà del decennio). Neon persevera comunque nella presentazione di artisti emergenti: per citarne solo alcuni, hanno mostre personali Patrizia Giambi (1991, 1993, 1997), Cesare Viel (1991), Alberto Zanazzo (1992), Marco Samoré (1992, 1997), Martin Hiddink (1992), Mariano (1992), Mala. Arti visive (1993), Formento e Sossella (1994), Stefano Ricci (1994), Giancarlo Norese (1994), Ketty Tagliatti (1994), Luca Pessoli (1995 e 1997). Con l’insediamento in un nuovo spazio in Via dei Bersaglieri nel 1996, dopo un breve periodo di chiusura, si avviano anche più frequenti rapporti con artisti stranieri. Nella nuova sede tengono personali Alessandra Tesi (1997), Italo Zuffi (1998), Marcello Maloberti (1998), Francesco Voltolina (1998), Manuela Cirino (1998), M+M (1999).
Nella sede di Via Avesella che Neon ha lasciato si stabilisce nel 1995 la Galleria Stamperia Squadro, diretta da Giovanna Anceschi e Stefano Ricci, che si specializza in edizioni grafiche, illustrazioni e fumetti, accompagnando a una regolare attività espositiva una qualificata produzione editoriale (dal 1996 esce la rivista “Mano”) e presentazioni di libri. Fra gli artisti che hanno una personale presso Squadro, accompagnata dalla realizzazione di opere grafiche, compaiono Guerzoni, Marziano, D’Agostino, Barbier, Gabriella Giandelli, Francesca Ghermandi. Nel 1998 Squadro produce anche il volume-opera unica Film, composto da 48 monotipi di Mimmo Paladino, mentre nel 2001 viene introdotto il lavoro di Passotriplo, nome collettivo con il quale collaborano Stefano Ricci e altri due artisti attivi singolarmente, che hanno già tenuto personali in galleria: Alessandro Pessoli e Luigi Toccafondo. Fra gli eventi si segnala Animati, un’importante rassegna di cinema d’animazione realizzata in collaborazione con il Link Project nell’aprile 2001.
Fra le gallerie di mercato si mantiene refrattaria a una vera e propria specializzazione L’Ariete, che annovera fra le sue proposte Brown, Kunc, Montesano, Kostabi, Ceccobelli, Bester, Botes, Galliani, Tilson, Anderle, Pompili, Menetti e che nel corso del decennio si avvia a rappresentare Buell, Samorì, Mastrangelo, Bissani, Evans. Fra le diverse mostre promosse in questi anni in sedi pubbliche spicca la rassegna dedicata a Bernd & Hilla Becher nella ex Chiesa di San Mattia. La De Foscherari continua a concentrarsi sui propri artisti e a proporre nomi già affermati. Spazia inizia ad allestire mostre dedicate ad artisti internazionali, come Tal Coat (1991), Hartung, Arman, Appel (1994) e organizza, nel 1995, nella nuova sede di Via dell’Inferno, un’importante mostra di Mondino, in concomitanza con l’inaugurazione del Museo Ebraico; fra le rassegne di scultura spicca quella di Mattiacci, sempre nel 1995, con l’installazione di tre grandi opere in piazze del centro storico in contemporanea con la mostra in galleria. Allo Studio Cristofori espongono in questi anni Montesano, Renzini, Benuzzi, Kostabi, Passarella e alcuni membri del gruppo Cabaret Voltaire, fondato nel 1992, come Andersen, Squp, Karasumaru, Marchesini, Pedullà. Verso il 2000 la galleria si sposta da Via Val d’Aposa in Via Ranzani, modificando il nome in Loretta Cristofori, ma, dopo un avvio brillante, chiude definitivamente nel giro di breve tempo. Anche Severiarte chiude nella seconda metà degli anni novanta, dopo aver allestito mostre quali le personali di Boetti (1991) e De Dominicis (1997) per quanto riguarda gli artisti ormai storicizzati o di Santoli (1992), Mistiche Nutelle (1993) e Patrizia Atti (1994) fra gli emergenti. L’attività di altre gallerie da tempo ben attestate sul mercato, come Marescalchi, che dal 1991 è diretta da Italo Spagna, e Forni continua senza sostanziali variazioni di rotta, mentre la Galleria Maggiore amplia, a sostegno delle tendenze artistiche che propone, le sue collaborazioni con le istituzioni museali e pubbliche, promuovendo anche progetti espositivi dedicati a grandi maestri del novecento, come la mostra di Henry Moore organizzata in collaborazione con la Henry Moore Foundation e la Galleria d’Arte Moderna di Bologna nel 1995, durante la quale cinque monumentali sculture da esterno vengono esposte in Piazza Maggiore. Inizia anche il rapporto di consulenza con il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, che sfocia nella produzione di mostre e cataloghi, fra i quali si segnalano quelli dedicati a Arman, Leoncillo, Cane, Nevelson.
Nel 1991 Maria Orri Pederzini e Bruno Nanni cedono La Nuova Loggia al figlio di quest’ultimo, che nel 1992 inaugura con il proprio nome la Galleria Paolo Nanni. La prima mostra, presentata da Dario Trento, è dedicata all’anziano Pompilio Mandelli, ma una parte della programmazione viene regolarmente dedicata ad artisti esordienti o delle ultimissime generazioni. Ogni anno Roberto Pasini vi presenta tre allievi dell’Accademia bolognese, mentre fra gli artisti più seguiti compaiono Celeste, Mulazzani, Canella, Angiero.
Nei primi anni novanta, nonostante la congiuntura economica scarsamente favorevole, vengono aperte anche nuove gallerie. L’Accademia Cattani apre nel 1991 con il proposito di valorizzare artisti dimenticati o trascurati dalla critica e di presentare nuove “promesse”.
La Galleria Otto, diretta da Giuseppe Lufrano, si insedia nel 1992 negli spazi che le vengono ceduti dalla Nuova Duemila. Formatosi come critico d’arte e già impegnato negli anni precedenti come curatore scientifico alla Galleria Spazia, Lufrano imposta il programma espositivo prevalentemente sulle vicende emerse negli anni ottanta, con grande attenzione agli esponenti della “nuova scuola romana”, che espongono in diverse personali con lavori appositamente realizzati: una doppia con Gallo e Dessì nel 1993, una di Tirelli nel 1995, di Dessì nel 1996, di Pizzi Cannella nel 1998, di Giuseppe Gallo nel 1999, di Nunzio e Tirelli e di Arcangelo e Pizzi Cannella nel 2000. Altri artisti di questa generazione che vengono chiamati ad esporre sono Carboni, Fogli, Pirri. La programmazione è comunque abbastanza variata, con la presenza sporadica di importanti personalità straniere (Lüpertz nel 1993 e Cragg nel 1995-96) e quella, più reiterata, di noti autori italiani di generazioni precedenti, come Carol Rama, Mainolfi e soprattutto Zorio (fra l’altro partecipe sostenitore di alcuni giovani che la galleria segue con regolarità) e di artisti emergenti attivi nella regione, come Caccioni, Rizzoli, Favelli, Manfredini: a rendere coerenti queste proposte è la concezione dell’opera come manufatto materialmente significante, piuttosto che come dispositivo essenzialmente concettuale.
E’ gestito da due artisti, Dario e Simona Ruggeri, lo Studio EraArte, che resta però aperto solo dal 1992 al 1994, presentando autori di diverse tendenze.
Negli anni novanta le maggiori opportunità di mostrare il proprio lavoro sono però offerte agli artisti più giovani (ma non solo) da circoli, associazioni, locali di ritrovo. Nasce nel 1991 l’Associazione Sesto Senso di Via Petroni, affiliata all’ARCI, che organizza mostre, eventi, concerti e nella quale compiono i loro primi passi, fra gli altri, Simeti, Volta, Persiani, Torregrossa. Nel 1992 si inaugura Il Campo delle fragole, che opera in parte come galleria e in parte come associazione auto-finanziata, al quale danno vita i membri del neo-fondato “Cabaret Voltaire”, composto da Mastrangelo, Pedullà, Andersen, Squp, Marchesini, Cariello, Picariello, Karasumaru, Mariano, Kopsinis (artisti che come si è visto vengono in parte accolti, in questi anni, anche in gallerie come Neon, Studio Cristofori e Studio Cavalieri). Altro fenomeno al quale Il Campo delle Fragole si interessa è la “pittura mediale” promossa da Gabriele Perretta, alla quale fanno capo De Paris, Cascavilla, Passarella, Mazzoni, De Luca, Kastelic, Igort, Pisano, Lamberti, Montesano, Mastrangelo.
Nel ricco scenario di locali[31] che a Bologna ospitano abitualmente mostre o opere di giovani artisti visivi, un forte rilievo culturale ha la programmazione espositiva del disco-bar Hip Hop & Depot, curata dal 1993 al 1995 da Yannis Kopsinis con la collaborazione di Silvia Grandi, ai quali si affianca Guido Molinari dalla seconda stagione. Le mostre vi si svolgono con cadenza settimanale e vedono coinvolti molti giovani di talento: Alessandro Rivola, Scheda, Martini, Cuoghi e Corsello, Mercuri, Campanini, Boggio Sella, Pagliarini, Corti, Samoré, Tesi, Lambri, Premiata Ditta, Pivi, Carocci, Mariano, Vedova Mazzei, Manetas, Mezzaqui, Sperni, Riello, Tozzi, Zuffi, oltre allo stesso Kopsinis. Il pubblico, vastissimo, comprende diversi critici, fra i quali Borgogelli, Dehò e Marra curano alcune mostre. Altri artisti vengono introdotti da Passarella e Garutti, che li selezionano fra i loro allievi delle accademie di Ravenna e Bologna. Intensi sono anche i collegamenti con altri circuiti “alternativi”, come lo stesso Campo delle Fragole o il Link, frequentatissimo centro culturale autogestito aperto dal 1993. Nel 1995 Hip Hop, il Link e il centro sociale Livello 57 organizzano insieme, su invito dell’Associazione Pneuma[32], un evento presso la Saletta Comunale di Esposizione di Castel San Pietro Terme, proponendo in quattro serate mostre, proiezioni cinematografiche, spettacoli e feste (gli artisti visivi invitati ad esporre, uno per settimana, sono Campanini, Samoré, Mercuri e la coppia Cuoghi Corsello). E’ soprattutto in queste situazioni che, in una fitta trama di rivendicazioni e di fenomeni creativi disomogenei, che in alcune frange ereditano i dibattiti che avevano caratterizzato le occupazioni delle Università del 1989/90 (a Bologna teatro, fra l’altro, delle prime evoluzioni del collettivo Luther Blissett), si crea un’apertissima possibilità di incontri, di scambi, di ibridazioni fra linguaggi artistici e modalità di comunicazione. Sempre più artisti visivi, del resto, sperimentano attività performative e utilizzano tecniche multimediali, cercano collaborazioni con artisti di altri settori (musica, teatro, danza), scelgono di lavorare in coppia o in gruppo, creano pratiche inedite di sviluppo e di presentazione del loro lavoro.
A metà degli anni novanta diventa un punto di riferimento dai contorni più ortodossi l’Associazione Il Graffio, che ha sede nella zona universitaria e della quale fanno parte Anteo Radovan, che si fa interamente carico dell’organizzazione, Mezzaqui, Cosci, Torelli, Losi, Sperni, Zuffi. L’esperienza, iniziata nel 1994, dura solo qualche anno, ma l’intensa programmazione espositiva, anche questa a cadenza settimanale, consente di allestire oltre centocinquanta mostre personali. Lo scopo principale è quello di fornire ai giovani un’occasione per mostrare il loro lavoro, anche se fra gli artisti presentati compaiono nomi piuttosto noti, come Fantin, Falci, Pietroiusti. Hanno qui la loro prima personale in assoluto Torelli, Mezzaqui, Fabrizio Rivola, Piccioni, Andrini, Tranchina, Nicoletta, Anna Rossi e ancora, fra i giovani o giovanissimi, espongono Finotto, Campanini, Norese, Davide Bertocchi, Losi, Ligorio, Zanazzo, Mariano, Torregrossa, De Luca, Heier, Mocellin e Pellegrini, Trevisani, De Luca, Lucchi Basili, Visani, Van Drunten, Di Bello, Sissi. Le mostre sono seguite con attenzione da numerosissimi critici, che spesso scrivono anche le presentazioni distribuite in fotocopia: fra questi Barilli e Borgogelli, che fanno da tramite per i rapporti con il DAMS; Auregli, curatrice dello Spazio Aperto[33] della Galleria d’Arte Moderna e in seguito anche della Salara[34]; Francesca Pasini, che crea contatti con la Galleria Minini. Ma sono interlocutori importanti anche Claudia Colasanti, Silvia Grandi, Daolio, Cavallucci, Trento, Marra, Alfano Miglietti, Gabi Scardi, Fabiola Naldi, Molinari, mentre, come critici, esordiscono proprio al Graffio Daniela Lotta e Marco Altavilla. Anche il supporto di Pozzati si mostra fondamentale per l’organizzazione di un rilevante ciclo di conferenze presso l’Accademia[35] durante la stagione 1999-2000. Si riafferma con chiarezza, del resto, la necessità di creare relazioni stringenti e produttive fra coloro che sono autenticamente interessati alla creazione artistica e che, spesso, si trovano in posizione critica rispetto alle logiche consolidate del sistema. Gli artisti vicini al Graffio sono così i promotori di iniziative come il “Progetto Oreste 0”, “un’esperienza comunitaria di scambio di informazioni, idee, lavori e di elaborazione di progetti comuni fra artisti visivi italiani” vissuta alla Foresteria Comunale di Paliano nel luglio 1997, e il convegno “Come spiegare a mia madre che ciò che faccio serve a qualcosa?”, tenuto al Link di Bologna il 31 ottobre,1° e 2 novembre 1997[36]. Ancora al Link, fra il 1996 e il 1999, Luca Vitone organizza, nelle giornate di ArteFiera, il ciclo Incursioni, in cui alcuni artisti vengono invitati a interagire con l’ambiente del centro realizzando azioni appositamente ideate[37].
Nel circuito delle gallerie vere e proprie si interessa all’arte emergente la Galleria Marabini, aperta alla fine del 1994 da Marina Marabini e Marco Romagnoli. La prima mostra è dedicata a Michael Young e testimonia fin dall’inizio che la galleria ha vocazioni internazionali, con intensi collegamenti con il mercato inglese e statunitense. A una politica di importazione di artisti largamente affermati all’estero (da Nam June Paik a Wearing, Whiteread, Jake & Dinos Chapman, Taylor-Wood, Viola, Kilimnik, Pigott, solo per citarne alcuni), la galleria affianca un’attività di scoperta di giovani attivi sul territorio, che promuove collaborando a mostre organizzate da istituzioni pubbliche in Italia o da altre importanti gallerie all’estero: fra i giovani che espongono negli anni novanta si registrano così Pellegrin, Avveduti, Mercuri, Linke, Benvenuto, Sislej Xhafa. Molto curata è la presenza a fiere nazionali e internazionali (Berlino, New York, Londra), così come la comunicazione alla stampa o via Internet. Circoscritta, invece, la produzione di cataloghi, in genere finalizzata a documentare compiutamente il lavoro degli artisti rappresentati in occasione di progetti espositivi di grande impegno, promossi da enti istituzionali.
Galleria di mercato è quella che Stefano Forni, dopo aver maturato una lunga esperienza nel campo della grafica d’autore, inaugura nel 1996 presentando artisti figurativi già attestati sul piano commerciale come Guccione, Ferroni, Mattioli, Clerici, Armodio e introducendo poi il lavoro di giovani incanalati in queste tendenze.
Si presenta invece come un nuovo luogo di ricerca Interno & Dum Dum, aperta nel 1996 da Giuliano Gavioli, in Via Santa Maria Maggiore. Nei primi anni di apertura, in mostre spesso curate dallo stesso Gavioli o da Daniele Perra, espongono fra gli altri Favelli, Nappo, Parlac, Corti, Symons, Manincor (poi fra i membri di Zimmerfrei), Beatrice Pasquali, Pettena, Kogelsberger. All’arte giovane si rivolgono anche Zoo 21-23 e lo Studio Ercolani, aperto nel 1995 e diretto per qualche anno da Giovanni Pintori, dove espongono fra gli altri Pintaldi, Samoré, Cuoghi e Corsello, Renzini, Basilé.
Crea grandi aspettative, nel 1997, l’apertura della Galleria No Code, che deve parte della sua attrattiva alla popolarità del proprietario, Lucio Dalla, associato in questa impresa a Rizziero Di Sabatino. Le prime mostre riguardano artisti acclamati a livello internazionale: Kounellis, Paladino, Ontani, che propongono lavori di dimensioni monumentali nella ex sala di incisione di Via dei Coltelli. Altre sono dedicate ad artisti più giovani, ma di successo, come Chiara Dynis, Cannavacciuolo, Pintaldi, Galliano, mentre fra le proposte più inedite compare il giovane bolognese Nicola Evangelisti. Nonostante il richiamo esercitato verso artisti molto affermati e il notevole successo di pubblico la galleria ha però vita breve e chiude nel 2003.
Dichiaratamente eterogenee sono le proposte della Galleria Catùs di Silvana Cagnolo, aperta nel 1998, che spazia dalla pittura alla scultura al design all’oggettistica, con artisti di generazioni, qualità e notorietà molto variabili, fra i quali appare, con una personale del 1999, un giovanissimo Francesco Spampinato.
Nel 1999 Alessandra Fontanesi riapre lo Studio Mascarella in una piccola sede in Via Miramonte, che inaugura con una collettiva con Chierici, Polvani e Romanelli. Le personali che seguono vedono protagonisti alcuni bolognesi già coinvolti nella prima fase di vita della galleria e che vantano ormai un ricco curriculum espositivo, come Bottarelli, Passarella, Fontanesi, Mussio, Mentoni. Fra le promesse si collocano invece Francesco Bocchini (2000), Marco Giovani (2001), Gianluca Costantini (2002), Ivana Spinelli (2002) e Davide Tranchina (2002). L’attività della galleria si interrompe però nuovamente nel 2003.
L’enorme diffusione dell’impiego del mezzo fotografico da parte degli artisti e la crescente affermazione di un mercato specializzato genera anche a Bologna, in questi anni, la nascita di luoghi dedicati. Nel 1998 viene fondata l’associazione non-profit Piccolo Formato, che fra le sue iniziative organizza anche mostre. L’anno seguente apre la Daniela Facchinato Image Gallery, che alla fotografia dedica la parte prevalente della sua attività espositiva e di vendita, presentando autori largamente noti, come Ballen, Berengo Gardin, Giacomelli, Migliori, Scianna, ma anche giovanissimi, come Galliani, Favelli, Spranzi, Tranchina. Alcune mostre fotografiche curate da Walter Guadagnini appaiono anche nell’eterogenea attività espositiva di Arte e Arte, aperta da Cecilia Marone La Rosa nella Galleria Falcone Borsellino nel 1999. Anche la Galleria Photology di Milano fa la sua apparizione a Bologna, allestendo nelle sale dell’ottocentesca Villa Impero, in occasione di Bologna Capitale Europea della Cultura, la vasta mostra 100 al 2000: il secolo della Fotoarte. L’attività espositiva curata da Photology ha un breve seguito con le retrospettive di Newton, ancora nel 2000, e di Ghirri, LaChapelle e Cartier-Bresson l’anno successivo.
Con la nomina a Bologna Capitale Europea della Cultura la città, oltre ad avviare numerosi interventi di recupero di edifici storici destinati a funzioni culturali, ha la possibilità di finanziare un fitto calendario di eventi. Per quanto riguarda l’arte contemporanea ottiene un vastissimo riscontro il costoso progetto multimediale di Peter Greenaway per Piazza Maggiore, nel quale si condensano, su scala realmente monumentale, alcuni fra gli aspetti di maggior momento dell’arte attuale: l’impiego sofisticato della tecnologia, l’ibridazione di vari linguaggi, l’interazione dell’opera con l’ambiente urbano e con la sua storia, l’adattamento dell’elaborazione estetica a una funzione narrativa, il coinvolgimento plurisensoriale dello spettatore. Il 2000 è naturalmente un anno di straordinaria animazione anche per le gallerie private bolognesi, fra le cui proposte più significative spicca l’intervento site-specific di Tremlett alla G7. Per l’occasione viene anche realizzato e distribuito gratuitamente l’opuscolo Open Art, in cui le gallerie aderenti alla sezione bolognese dell’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte illustrano la propria attività[38].
2001-2005
Da tempo le oscillazioni dei mercati, l’aumento dei costi di gestione, il delinearsi di un pubblico più ristretto ma anche più informato e di un collezionismo maggiormente selettivo, inducono molte gallerie a tentare di garantirsi una certa stabilità attraverso un preciso posizionamento all’interno del mercato, ottenuto in genere con la coerenza dell’offerta e con una maggiore qualificazione della propria professionalità.
Si inquadra in questo contesto, per alcuni, anche la ricerca di sedi più adeguate e di maggior prestigio per la propria galleria, come accade nel 1992 alla Otto, che ottiene i bellissimi spazi adiacenti al Collegio San Luigi, e alla Marabini, che dalle anguste stanze di Via Nosadella si sposta addirittura nella restaurata ex chiesa di Santa Maria della Neve.
L’impostazione delle due gallerie non subisce variazioni sostanziali, ma la possibilità di esporre opere di grandi dimensioni dando loro un’appropriata visibilità ne accresce sicuramente l’attrattiva sia per gli artisti sia per il pubblico, consentendo d’altro canto di proporsi come referenti per i collezionisti delle fasce più alte, non ultime le Fondazioni bancarie e private fiorite un po’ ovunque nell’Italia del Nord.
Otto continua a mantenere anche la vecchia sede, destinandola però agli oggetti di design e alla grafica, mentre inaugura la nuova con una mostra di Caccioni, uno dei suoi artisti di punta. Si intensificano le proposte relative alla scultura, allargate a Mainolfi, Mattiacci, Spagnulo, Nagasawa, mentre entrano in galleria artisti emergenti come Marco Di Giovanni e Andrea Chiesi e, recentemente, Andrea Facco e Beatrice Pasquali.
La Marabini prosegue la sua programmazione di taglio internazionale, con nomi come Amy Sillman, James Bidgood, Wim Wenders, Marcus Harvey, ai quali si alternano giovani italiani emergenti come Boggio Sella, Minuti, Foggini e Spampinato, che, insieme ad Armin Linke, è rappresentato dalla galleria. La tempestiva sintonizzazione con le punte più avanzate del mercato internazionale dell’arte contemporanea, ma anche la determinazione e la professionalità con cui vengono ricercati sbocchi anche all’estero per gli artisti italiani che fanno riferimento alla galleria, guadagnano alla Marabini una notevole stima fra i critici e gli addetti ai lavori.
Nel 2002 cambia sede anche la De’ Foscherari, che da Via Goidanich si trasferice in Via Castiglione, inaugurando i nuovi spazi con una grande mostra dedicata a Gilardi. Sempre coerente con le scelte precedenti (Pozzati, Jori, Manai, Ceroli, Matta, Sartelli, Mondino, Piacentino), ormai dotate di un comprovato valore storico-artistico, la galleria difficilmente investe sui giovani, fatta eccezione per Oliviero Rainaldi e Francesco Bocchini. Altrettanto fedele ai propri orientamenti è Spazia, che però, alla lunga lista di artisti trattati da tempo, aggiunge molti giovani, fra i quali Gligorov, Lodola, Aldrovandi, Cerone, Perone, Bernardini e inizia ad interessarsi anche di arte contemporanea africana. L’attività espositiva si mantiene comunque sempre attenta all’astrazione, con la riproposta di artisti apparsi negli anni sessanta e settanta come Alviani, Satta, Olivieri, Pinelli, Griffa, Spalletti. Nel 2002 anche Spazia apre una nuova sede di prestigio, nella storica e fastosa Villa Paleotti Isolani di Minerbio, dove si tengono una mostra di Boetti nel 2002, che inaugura lo spazio, e una di Mapplethorpe, con visita a pagamento, nel 2004.
Ampia disponibilità verso i giovani è dimostrata dalla G7, che, pur continuando a sostenere stabilmente i propri artisti “storici”, apre in molte occasioni i suoi spazi agli emergenti, fra i quali appaiono De Marco, Maher, Tosca, Ursig, Davoli, Lucchi Basili, Nacciarriti. Sempre per quanto riguarda l’arte più attuale, lo Studio Cavalieri[39] conferma il suo interessamento a Andersen, Mariano, Christian Rainer e Alessandro Rivola, mentre l’Ariete avvia, in collaborazione con il Dipartimento Arte della SouthWest State University di Marshall, una serie di mostre itineranti di artisti italiani contemporanei negli Stati Uniti.
Una singolare specializzazione caratterizza invece la Galleria Mondo Bizzarro, nel 2004 trasferita a Roma, che ha operato per diversi anni a Bologna rivolgendo il suo interesse alla figurazione neo-pop e neo-surrealista e all’arte erotica, e annoverando fra le sue firme anche artisti già molto apprezzati nell’ambito del fumetto, come Baldazzini, Scozzari, Giacon, Palumbo. Si presenta al contrario come una tradizionale galleria di mercato la Di Paolo Arte, aperta dal 2003 nella Galleria Falcone Borsellino, con un corredo di firme di rispetto quanto ormai standardizzate, che spaziano dall’informale alla pop art.
Per quanto riguarda le gallerie di scoperta Neon si dedica ancora, con convinzione, ad artisti emergenti, organizzando nei primi anni 2000, come in passato, numerose collettive per la propria sede e per altre gallerie e istituzioni in Italia e all’estero. Immensa e con un’inaugurazione affollatissima è la mostra organizzata nel 2002 a Palazzo Albiroli, sede da poco dismessa dalla Telecom, con 51 artisti di diverse generazioni e nazionalità, in alcuni casi molto noti, che espongono quasi tutti opere o installazioni appositamente ideate. Nelle mostre di Neon, che nel 2003 si stabilisce in Via Zanardi, a pochi passi dal polo culturale della ex Manifattura Tabacchi, compaiono fra i molti giovani ancora inediti per la galleria Paolo Bertocchi, Chimera, Lucchi Basili, Morgantin, Visani, Nicoletta, Perra, Pasquini, Anna Rossi, Sabato, Sissi, Mocellin, Pellegrini, Andrini, Piccioni, Torregrossa. Collaborano con Neon diversi giovani curatori: Guido Molinari, Daria Filardo, Elena Bordignon, Marco Altavilla. Fra il 2003 e il 2004 Neon opera anche a Milano, in uno spazio piccolissimo destinato a progetti sperimentali, denominato prima “neon>projectbox” e in seguito “neon/campobase”, a indicare un cambio di rotta con il quale Gianuizzi intende sganciare Neon dalla sua identità di galleria per riportarla alle motivazioni originarie dell’associazione, indirizzate a un’assoluta libertà di indagine creativa e di studio, tanto che gli ultimi eventi artistici organizzati non si configurano più come mostre di tipo tradizionale. Ancora a Milano Neon ha in programma di attuare, a partire da quest’anno, una serie di interventi appositamente creati da alcuni artisti utilizzando un container.
Fra gli altri spazi di scoperta lo Studio Ercolani ha proposto negli ultimi anni il lavoro di Paolo Bertocchi, Flavio De Marco, Maria Luisa Tadei, Paolo Consorti, Luigi Presicce, Anna Rossi, Andrea Massaioli, Giovanna Ricotta. Ha avuto una vita brevissima ma una programmazione interessante la Galleria Plastica, aperta in Via degli Orti dal 2001 al 2004 e particolarmente orientata alla fotografia contemporanea, nella quale hanno esposto fra gli altri Hinterhuber, Samoré, Peter Bobby e Rita Palanikumar. A Interno & Dum Dum, dove si infittiscono le collaborazioni con il critico Alberto Zanchetta, espongono fra altri, dal 2001, Nacciarriti, Bombaci, Ortali e Salvatori, Di Giovanni, Persiani. E’ aperto dal 2001 Wernice, situato dal 2003 presso l’XM24 di Via Fioravanti, che intende offrire un’opportunità espositiva ad artisti ritenuti validi, ma che non hanno gallerie di riferimento, e che ospita annualmente la rassegna Exit, tradizionalmente organizzata dall’Associazione C-Voltaire.
Opera attualmente presso Raum, in Via Ca’ Selvatica, l’associazione culturale Xing – ex Link Project – che con Pierrot Lunaire cura un fitto calendario di appuntamenti dedicati alle più innovative ricerche nel campo delle arti visive e performative, organizzando tre diverse manifestazioni dedicate rispettivamente all’immagine elettronica, allo spettacolo contemporaneo e alla musica: Netmage, Doing//Non io e Angelica. Allo spettacolo e all’arte contemporanea sperimentali si dedica anche il centro sociale TPO (Teatro Polivalente Occupato).
Di recente apertura sono la agenzia04 di Via Brugnoli, che nel settembre 2004 ha inaugurato un ciclo di mostre dedicate a giovani artisti asiatici con una doppia personale di Hirai e Karasumaru, e la NT Art Gallery di Via dal Luzzo, mentre Giovanni Pintori, lasciata da qualche anno la direzione artistica dello Studio Ercolani, nel gennaio 2005 ha avviato la Nipple Gallery in Via S. Stefano, con video installazioni e performance di Elastic Group of Artistic Research.
Conclusioni
A conclusione di questa carrellata di eventi, è forse opportuno tentare qualche considerazione generale sul “sistema dell’arte” a Bologna.
In primo luogo è possibile constatare, in questa prospettiva, che le origini, le progressioni e le fortune delle tendenze artistiche rispecchiano anche qui fasi che possono considerarsi tipiche e che trovano, fino a un certo livello, concreti riscontri nelle opportunità riscontrabili nella realtà cittadina. Bologna offre infatti vaste possibilità di aggregazione e di scambio per gli artisti esordienti, al cui spirito di iniziativa si deve spesso, come si è visto, la creazione e la gestione degli spazi e delle gallerie di ricerca. Luoghi che in città non sono mai mancati e che hanno facilmente trovato attenzione e coinvolgimento da parte di critici qualificati, che in più occasioni hanno promosso l’accesso di artisti giovani e giovanissimi a strutture pubbliche e museali. Anche il sistema regionale dei concorsi e dei premi, istituzionali e privati, si è negli anni lievemente rafforzato.
Tuttavia, a una produzione artistica ricchissima e spesso di qualità non corrisponde un’equivalente capacità di assorbimento da parte del collezionismo locale, al quale si rivolgono le gallerie ufficiali. D’altra parte anche le migliori gallerie bolognesi hanno raramente potuto disporre di risorse finanziarie adeguate per tentare di proporsi su altri mercati. Non vi sono stati a Bologna forti investitori disposti ad arrischiare i loro capitali su artisti sprovvisti di comprovata notorietà e referenze commerciali, né, tantomeno, si è sviluppato un consistente mecenatismo che incoraggiasse la produzione di opere veramente impegnative da parte dei giovani.
Quella delle gallerie ufficiali bolognesi sembra quindi essere stata, in generale, più una strategia di difesa che di attacco, che ha contribuito a configurare la città, da questo punto di vista, come una roccaforte di valori locali prestigiosi ma superati o come un collettore di tendenze già convalidate altrove, piuttosto che come efficiente centro propulsivo delle ricerche nate nella regione.
Non si sono forse sviluppate appieno neppure le potenzialità di ArteFiera, che negli ultimi anni ha comunque molto investito nella riqualificazione e nella crescita della propria immagine, cercando di posizionarsi con maggior forza anche in un orizzonte internazionale.
E, infine, è probabilmente dovuta alla mancanza di una reale coesione fra i diversi attori della scena artistica l’assenza di tendenze di successo alle quali si riconosca una matrice pienamente bolognese. I pochi artisti anagraficamente o professionalmente nati a Bologna che hanno raggiunto una notorietà e un mercato internazionale hanno infatti scelto di stabilirsi ed evolversi in centri più dinamici, pervenendo al successo singolarmente piuttosto che inquadrati in un movimento. A questa regola appaiono come eccezioni solo due momenti della storia artistica bolognese degli ultimi trent’anni: la seconda metà degli anni settanta, che ha consentito però di identificare una “scuola bolognese” non tanto nelle arti visive tradizionalmente intese quanto in territori contigui, come il fumetto o la performance; e il periodo che va dalla fine degli anni ottanta agli anni novanta, in cui è apparsa e si è affermata un’intera compagine di notevoli artisti afferenti alle tendenze neo-concettuali.
RINGRAZIAMENTI
Desidero esprimere la mia riconoscenza a tutti coloro che, attraverso documenti, informazioni, conversazioni e suggerimenti, mi hanno supportato in questo lavoro: Andraghetti Astorre, Paola Basaglia, Bernardo Bartoli, Giovanna Battistini, Marco Bottai, Maurizio Bottarelli, Adriana Cavalieri, Claudio Cerritelli, Roberto Daolio, Renato Diez, Alessandra Fontanesi, Giuliano Gavioli, Gino Gianuizzi, Silvia Grandi, Ginevra Grigolo, Giuseppe Lufrano, Marina Marabini, Carla Masotti Nannelli, Paolo Nanni, Roberto Pettini, Concetto Pozzati, Patrizia Raimondi, Anteo Radovan, Pasquale Ribuffo, Angela Tosarelli e Franco Tassinari, Nicola Verlato; le Gallerie Cinquantasei, Forni, Marescalchi, Trimarchi e lo Studio Eraarte.
Spetta a me sola, naturalmente, la responsabilità della stesura del testo e di ogni inesattezza o mancanza in esso contenuti.
[1.1] Uliana ZANETTI, "Gallerie private a Bologna", cit.
[2] In Italia il tema è stato trattato con una certa ampiezza da noti studiosi e critici d’arte contemporanea. Rimando in particolare a Angela Vettese, Investire in arte, Milano, Il Sole 24 Ore, 1991 e Artisti si diventa, Milano, Carocci Editore, 2001; Francesco Poli, Il sistema dell’arte contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1999; Achille Bonito Oliva, Arte e sistema dell’arte, Milano, Prearo, 2000. Numerose sono state anche le ricerche degli economisti sul mercato dell’arte: per un’introduzione generale a questi argomenti cfr. G. Candela, A. E. Scorcu, Economia delle arti, Bologna, Zanichelli, 2004, che fra l’altro, a p. 259, esemplifica una classificazione per “specializzazione” delle gallerie proprio in riferimento alla realtà bolognese.
[3] Diversi libri e cataloghi sono stati dedicati a singole gallerie di riconosciuta importanza – con intenzioni spesso celebrative – ma sono piuttosto rari quelli dedicati a precise situazioni geografiche e temporali.
[4] L’analisi degli andamenti del mercato, anche se del tutto pertinente alla storia delle gallerie, richiederebbe altri e più sofisticati strumenti e non rientra quindi fra gli obiettivi di questo scritto.
[5] Ad ArteFiera 1975 hanno uno stand 27 gallerie, 2 editori e il Circolo Artistico.
[6] Va ricordato che, dal 1945 al 1947, altri artisti si erano riuniti in un’impresa simile, aprendo la “Galleria di Cronache”: Corsi, Minguzzi, Rossi, Borgonzoni, Mandelli.
[7] Nel 1969 partecipa, presso la Sala Comunale di Cultura di Modena, alla Biennale delle Gallerie di Tendenza Italiane, che comprende fra le altre la Galleria Apollinaire e il Salone Annunciata di Milano, la Bertesca di Genova, Il Gabbiano, Il fante di spade e La nuova pesa di Roma. (Cfr. C. Cerritelli, Arte a Bologna 1946-1996, Iterarte, n. 22, gennaio 1998, p. 12).
[8] Alla mostra partecipano Zorio, Boetti, Pascali, Pistoletto, Merz, Kounellis, Paolini, Fabro, Anselmo, Prini, Ceroli, Piacentino. Il catalogo-bollettino, intitolato La povertà dell’arte, contiene interventi di numerosi intellettuali sulle problematiche sollevate dall’Arte Povera: oltre a Celant, Apollonio, Arcangeli, Barilli, Boarini, Bonfiglioli, Bonito Oliva, Calvesi, De Marchis, Del Guercio, Fagiolo, Guttuso. La mostra fa parte di un accordo con la Galleria La Bertesca di Genova, che ospita in cambio una personale di Pozzati (cfr. C. Pozzati, Ristoria e rimemoria del ’60, Flash Art n. 116, novembre 1983, p. 27).
[9] Nel particolare intreccio di intenzioni estetiche e politiche che ispirarono i vari attori dell’ambito culturale in quel periodo, credo sia lecito supporre che l’egemonia politica e culturale del Partito Comunista a Bologna abbia influito significativamente sulla ricezione di alcuni fenomeni, ammantando di progressismo estetico tendenze che gli operatori più aggiornati – benché di sinistra anch’essi – giudicavano artisticamente retrive. La figurazione godeva, com’è noto, del sostegno convinto di diversi critici “ufficiali” del Partito Comunista, ma è anche giusto ricordare che, se si esclude un pubblico ristretto, l’artista italiano vivente più considerato era probabilmente Renato Guttuso.
[10] Del Gruppo Bentivoglio fanno parte Bottarelli, Cara, De Angelis, Degli Angeli, Landi, Mascalchi, Partisani, Pintori, Rizzoli, Satta, Storti Gajani, Zucchini. Alle loro riunioni partecipano anche Pier Giovanni Castagnoli e Giovanni Accame, che nell’estate 1975 cura una mostra del gruppo, Pittura Museo Città, alla Galleria comunale d’arte moderna.
[11] Numerose e diversificate sono le testimonianze e le ricostruzioni relative al particolare clima creatosi a Bologna in quegli anni. Come nota Dario Trento: “Dai primi anni Settanta al 1977 i giovani vivono la precisa consapevolezza di prepararsi per un ruolo attivo e fondante. Il tutto accade nel laboratorio fervente del DAMS, nella situazione elettrizzata provocata dal collettivo di A/traverso, nella nuova rete di scambi prodotta da Radio Alice. Il 1977 ha segnato contemporaneamente la manifestazione più netta ed efficace del postmoderno in Italia e l’inizio di una incomprensione tra la classe dirigente cittadina e i giovani.” (in: Pirro Cuniberti Piero Manai, cat. mostra Galleria De Foscherari, n. 164, aprile/maggio 2000)
[12] E’ però Calvesi a redigere il primo libro teorico/critico sulla creatività giovanile di questi anni, pubblicando già nel 1978, presso Feltrinelli, Avanguardia di massa.
[13] E’ la stessa Grigolo a sottolineare i suoi rapporti con la galleria Multicenter di Milano, che importava grafica americana e i cui materiali andarono a costituire, dopo la chiusura, il primo “magazzino” della G7. Cfr. Lo Studio G7 compie 10 anni, Flash Art n.118, febbraio-marzo 1984, p. 33.
[14] Gli artisti inclusi sono Agnetti, Anselmo, Badura, Bartolini, Baumgartl, Biasi, Boetti, Boltansky, Borsari, Ceroli, Costa, Dibbets, Grisi, Jori, Fioroni, On Kawara, Kounellis, Misheff, Mulas, Opalka, Osti, Paatz, Paolini., Parmiggiani, Penone, Pistoletto, Pozzati, Pozzi, Vaccari, von Windheim, Zaza. Cfr. Pier Giovanni Castagnoli, Le figure del tempo, cat. mostra, Galleria De Foscherari, n. 109, 1978.
[15] La Galleria ha anche organizzato con regolarità vaste mostre monografiche e tematiche presso enti e fondazioni in numerose città italiane. Collaboratore assiduo della galleria è stato Franco Solmi, ma fra i curatori sono comparsi più volte anche Marilena Pasquali e Paolo Stivani.
[16] In realtà diffidenze e ostracismi verso la Transavanguardia sembrano accomunare gran parte dei galleristi e dei critici dei maggiori centri del nord Italia. (Cfr. Angela Vettese, La calda estate dell’arte, Flash Art, n. 129, novembre 1985, pp. 30-31), ma è vero anche che le alte quotazioni internazionali raggiunte in breve tempo dai cinque della Transavanguardia rendono le loro opere inadatte al mercato italiano.
[17] Il Circolo, che associa artisti e appassionati dal 1879, cura un programma espositivo di interesse generalmente modesto, prevalentemente riservato ai soci. Fra le sue iniziative più rilevanti rientra la pubblicazione, dal 1974, del periodico “Iterarte”, ogni numero del quale è dedicato a un tema trattato da un noto studioso. Apprezzabile il contenuto scientifico di alcuni numeri o il tempismo di altri.
[18] Lo stesso Bonito Oliva, come noto, continua a sostenere altri artisti e negli anni successivi si fa “scopritore” di nuove tendenze (e “discendenze”) di successo.
[19] Sintomatico della pluralità di punti di vista che si esprime all’interno di questa generazione è il numero 21 di Iterarte, uscito nel giugno 1981 con il titolo Negli anni Ottanta, che raccoglie gli interventi di Alinovi, Carboni, Cerritelli, Cherubini, Daolio, Gualdoni, Parmesani, Somaini, Sproccati, Tosi. Interessante anche il confronto avvenuto con la mostra Registrazioni di frequenze, che si tiene alla Galleria d’Arte Moderna nel 1982, composta in realtà da cinque rassegne ideate in piena libertà dai rispettivi curatori: Alinovi, Cerritelli, Gualdoni, Parmesani e Tosi. Più che di particolari situazioni artistiche, la mostra è infatti la testimonianza di cinque modi diversi di intendere il lavoro del critico.
[20] Credo sia giusto sottolineare che nell’ateneo bolognese questi critici hanno potuto confrontarsi non solo con una prestigiosa tradizione di studi estetici e critici riferiti all’arte contemporanea, ma anche, direttamente, con alcuni protagonisti della cultura italiana: in questi anni insegnano a Bologna Anceschi, Barilli, Caroli, Castagnoli, Fossati.
[21] Ai “Nuovi Nuovi” è dedicata una mostra curata da Barilli alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna nel 1980: vi sono inclusi, oltre ai tre citati, Barbera, Bartolini, Faggiano, Jori, Levini, Mainolfi, Ontani, Pagano, Salvatori, Salvo, Wal.
[22] Il nome deriva dall’utilizzo di materiali di recupero, fra i quali anche i tubi al neon di insegne luminose smantellate, usati da Gianuizzi per le sue installazioni.
[23] La seconda mostra, collettiva, si tiene alla fine dello stesso anno alla galleria Cesare Manzo di Pescara e Alinovi ne prende spunto per un articolo su Flash Art, intitolato Ora (cfr. Flash Art n. 107, febbraio-marzo 1982, p. 28). La Alinovi rintracciava in queste esperienze forti collegamenti con quanto la interessava dell’arte americana “di frontiera”, che in quel momento andava promuovendo in Italia.
[24] L’ultimo lungo articolo della Alinovi apparso su Flash Art (n. 115, estate 1983, pp. 22 –27), è dedicato proprio all’Enfatismo, ma segna in qualche modo anche l’ultima apparizione del gruppo.
[25] Lo spazio è messo a disposizione dallo scultore Alcide Fontanesi, padre della direttrice.
[26] Entrambe le collettive sono curate da Marilena Pasquali, che in questi primi anni è molto vicina all’attività dell’associazione.
[27] Oltre ai componenti storici di Neon vi partecipano molti altri artisti, fra i quali ricordo Renzini, Caccioni e Cattelan.
[28] Per esempio Trimarchi e San Luca organizzano insieme una mostra di Pasmore nel 1984; G7 e Spazia allestiscono una doppia personale di Zucchini e Carboni nel 1986; Studio Cristofori e Fattoadarte una mostra di Denys Santachiara nel 1989.
[29] Cfr. Fiera, mercato, mercanti, collezionisti e cultura a Bologna ieri e oggi, in Flash Art, n. 154, febbraio / marzo 1990, pp. 164-166. Rispondono al questionario della rivista: Fabj (Fabjbasaglia), Severi, Forni, Bottai (Spazia), Gianuizzi (Neon), Cavalieri, Bondoni (Fattoadarte), Verlato, Venturi (Nuova Duemila), Grigolo (G7), Bartoli (De Foscherari), Cristofori, Fontanesi (Centro Mascarella).
[30] Ma lo stesso vale per altre gallerie, ad esempio La Loggia e Spazia.
[31] Questi spazi sono tuttora molto numerosi. Quelli che negli anni novanta hanno ottenuto maggior stima da parte dei critici e ora chiusi, sono, oltre al Depot, il Gang Way e il Jelly Bits.
[32] L’Associazione Pneuma viene fondata nel 1980 da Mauro Manara, al quale l’amministrazione comunale di Castel San Pietro Terme affida l’incarico di gestire le attività culturali della Saletta Comunale. Dal 1984 vi vengono regolarmente organizzate mostre d’arte, spesso in collaborazione con la Neon ed altre gallerie di ricerca italiane. Per i suoi caratteri sperimentali e per la qualità dei contenuti la programmazione della Saletta, che Manara cura fino al 2004, anno della sua prematura scomparsa, è per vent’anni uno dei più sicuri punti di riferimento dell’innovazione artistica della regione.
[33] Con “Spazio Aperto” la Galleria d’Arte Moderna di Bologna ha realizzato dal 1997, con il sostegno della Regione Emilia Romagna, un fitto programma di mostre dedicate ai fenomeni più attuali. Nella scelta degli artisti viene generalmente privilegiato il legame con il territorio regionale, ma non vengono escluse aperture sul panorama nazionale e internazionale. Ogni mostra viene documentata da un “Quaderno”, che ne contiene le immagini.
[34] Dal 1998 al 2001 l’edificio storico della Salara, situato nell’area dell’ex manifattura tabacchi e recuperato nel 1995, viene destinato ad ospitare le mostre e gli eventi promossi dall’Ufficio Promozione Giovani Artisti del Comune di Bologna, istituito nel 1989 per dare visibilità ai giovani artisti di ogni disciplina e organizzatore del noto concorso Iceberg, dedicato ai bolognesi esordienti. Dede Auregli è consulente artistica della Salara nel 2000 e nel 2001 e subentra a Dario Trento che ne ha curato le prime programmazioni.
[35] Le conferenze sono tenute da Senaldi, Eredi Brancusi, Pajano, Viel, Marisaldi, Scardi, Kozaris, Marra, Pioselli, Arienti, Pietroiusti, Zuffi.
[36] A queste due iniziative è dedicato il volume Come spiegare a mia madre che ciò che faccio serve a qualcosa?, a cura di Salvatore Falci, Eva Marisaldi, Giancarlo Norese, Cesare Pietroiusti, Anteo Radovan, Cesare Viel, Luca Vitone, Milano, Charta, 1998.
[37] A questa esperienza è dedicata la pubblicazione Incursioni, in uscita mentre scrivo, edita da Zero Edizioni. A questo ciclo è seguita la manifestazione Hops!, tenuta ancora annualmente al Link nelle giornate di ArteFiera, nel 2000 e nel 2001, dedicata alla performance e all’audiovisivo.
[38] Vi sono incluse l’Ariete, Astorre, Accademia Cattani, Studio Cavalieri, Cristofori, De’ Foscherari, Forni, Stefano Forni, G7, Maggiore, Marescalchi, No Code, Otto, Spazia, Trimarchi.
[39] Mentre scrivo lo Studio Cavalieri è temporaneamente chiuso in attesa di trasferirsi in una nuova sede.